venerdì 9 dicembre 2011

Shopping time

Domani mi farò del male più o meno consapevolmente. Nel senso che le mie sempre più disastrate finanze dovranno sottostare all'ordalia natalizia dei regali, con tanto di ossessione da shopping compulsivo che matematicamente, ogni anno,ha la meglio sulla mia consueta morigeratezza. A dir la verità tra oggi e ieri sono già volati parecchi euri, in barba alla crisi e alla saggezza, che di tanto in tanto imporrebbe delle serene riflessioni, prima di affilare bancomat e carte di credito cercando il contatto visivo con la commessa di turno. Finora abbiamo un quadro di Jack Vettriano e un inutile prodotto Apple. Voglio rassicurare chi legge: il quadro è una sorta di replica, anche perchè se avessi i soldi per comprare l'originale, non sarei certo quì a inventarmi strani artifizi contabili per far quadrare il budget. E poi non è neanche per me, ma per qualcuno, che al momento, ha una quantità industriale di muri vuoti, ragion per cui mi sembrava carina l'idea di iniziare a riempirli. Sistemata la mamma, con un dittico comprendente tazzine bialetti e cuscino ergonomico pagato al prezzo di un collier di diamanti, resta fuori il papà, che l'anno scorso mi ha fatto cordialmente capire che il centocinquantaseiesimo maglione di fila non aveva riscosso particolari consensi. Non so proprio come uscire dall'impasse. Perchè lui ha gusti anacronistici che si contrappongono al mio attivismo avanguardista e per di più, coltivo la pessima abitudine di scegliere i regali per gli altri come stessi comprando qualcosa per me stesso.
Ciò che temo di più della mattinata di domani è il particolare death loop in cui mi esibisco durante gli acquisti per il Natale. Nel senso che entro in un  negozio deciso a comprare una cosa X e poi mi innamoro anche di Y e Z. A risolvere questa difficilissima equazione logico-matematica arriva sempre una commessa. Una di quelle ragazze carine coi capelli a caschetto e gli occhialini da finta intellettuale, talmente deliziosa che vorresti quasi chiederle di uscire a cena se non fossi accasato. Sono convinto che da anni si tratti della stessa persona. O quantomeno dello stesso fenotipo. Probabilmente le clonano, prendono informazioni su dove andrò a far compere e ne piazzano una per negozio.
Basta poco, in fondo. Qualche frasetta carina sul mio ottimo gusto, un paio di risate alle mie inascoltabili freddure e quella faccia da dolce maestrina che aspetta solo la tua miglior risposta per regalarti un bel dieci e lode. Così finisco sempre per prendere la cosa più cara, o ancor peggio prendere un regalo doppio, salvo poi maledire la mia dabbenaggine da scolaretto degli acquisti appena varcato l'uscio. Un altro problema che mi affligge in questo periodo è l'eccessiva generosità (leggasi: prodigalità). Per esempio domattina dovrò acquistare un paio di pacchi regalo nella mega-gastronomia d'essai che ho la fortuna/sfiga di avere sotto casa e so già che a ogni occhiolino dell'avido addetto al banco, sui salumi, sui vini e sulle delizie da aggiungere al pacco, risponderò con il più classico dei "Ma si, mettiamo anche quello!". Sarà che odio far la figura del taccagno o più semplicemente mi piace che le persone si ricordino di me un giorno per quanto sono stato generoso e non per un eventualmente sgradevole braccino corto. In fondo meglio non regalar nulla piuttosto che fare un regalo brutto. E al mio regalo chi ci pensa? Io, tutte le notti. Non so se mi basteranno i soldi o se dovrò saltare i pasti da quì a Pasqua, ma me lo voglio concecedere lo stesso. Così, un bel giorno, pensando a me stesso potrò esclamare "Cavolo com'era generoso quello là!"