giovedì 30 agosto 2012

Esse come sfiga

Se oggi mi cascasse addosso la morte credo faremo scopa o qualcosa di simile. Che il mio carma volesse lanciarmi qualche messaggio non propriamente amichevole l'avevo intuito l'altro ieri, quando dopo aver afferrato per un braccio e lanciato letteralmente verso il giardino un tossicodipendente che non voleva abbandonare la sala d'attesa dello Studio, ho iniziato a sentire una vocina interiore che prospettava sottili ed inattese vendette.
Lui (il tossico) urlava che era una meraviglia, frasi del tipo "Mi stai trattando come un delinquente?!" ed io, con voce alterata ribadivo un concetto che avevo ben chiaro in testa "No, come un rompicoglioni!". Ma questa è un altra storia. Anche se per inciso avevo le migliori ragioni per prendermela con uno che prima si spaccia per cliente dello Studio e poi cerca di vendere dei gatti su cartoncino.
Solo che dopo mi è rimasto il rimorso, in fondo non mi piace esagerare e sotto sotto sapevo di averlo fatto.
Cosí il Karma o chi per lui ha deciso di ricompensarmi con una giornata da dimenticare, di quelle che ti svegli la mattina e scorgendo i nuvoloni al di là della finestra capisci che probabilmente faresti meglio a restare a letto, tanto per limitare i danni.
Cosa che puntualmente non fai e poi...
E poi ti ritrovi a mezzogiorno in ufficio a ricontrollare per caso un importantissimo avviso, di quelli che avevi letto e riletto trenta volte tranne...l'ultima riga! La maledetta rivelatrice di un concetto drammaticamente chiaro: "Hai fatto una cazzata di dimensioni titaniche!"
Suonato questo primo campanello d'allarme attraversi una sorta di dualismo consequenziale
rappresentabile attraverso le seguenti espressioni "No, stiamo calmi, deve esserci un errore..." e "Ahhhhhhhhhhhhhhhhh! Sono ufficialmente fottuto!!!!"
Seguono dei momenti di genuino panico, durante i quali si approntano soluzioni d'emergenza atte solo a peggiorare una situazione già di per sè disperata.
Come la mia brillantissima idea di coinvolgere in tutto questo la collega in codelega, la quale intuendo la portata della nostra super cappellata inscenava una fantastica crisi di panico a mezzo fax.
In attesa che la mia exit strategy da kamikaze desse i suoi frutti sono tornato a casa dove, in vista del mio imminente trasloco avevo appuntamento col proprietario dell'appartamento.
Personaggio viscido giá professionalmente, in quanto geometra, con mani sudaticce e profumo che sa di cortesia. In fondo bisogna sempre diffidare da chi porta i pantaloni con le tasche laterali e si fa un profilo su Badoo in cerca di donne piu giovani di lui ( ebbene si, ho controllato!). Fatto sta che questo simpatico individuo inizia a girare per casa e fotografare, pretendendo la mia partenza immediata per favorire l'ingresso del nuovo inquilino ed il contemporaneo pagamento del mese di settembre (cosí da poter fregare due scemi in un sol colpo). Ma 530 euri son sempre cinquecentotrenta euri e la mia reazione ha rischiato di essere ancor piú violenta di quella avuta col tossico di cui sopra.
Non fosse che la necessità di recuperare le caparre mi ha ricondotto a scelte meno reazionarie del previsto. Quindi a lui l'affitto di una casa che non potrà riaffittare anzi tempo e a me le chiavi di un appartamento che resterà vuoto per un mese.
Mettendo il film in pausa si potrebbe a questo punto convenire sul fatto che il protagonista della storia abbia patito per oggi un numero sufficiente di sfighe, ma cosí non è.
Perchè se la mia pizzeria d'asporto preferita stasera era chiusa, la seconda in ordine di gradimento aveva alzato i prezzi e ridotto la dimensione del prodotto finale.
Cosí affamato e teso come una corda di violino saluto e vado a nanna, per nulla speranzoso sui positivi esiti del mio tour bolognese di domani.
Nessuno mi leverà dalla testa che quel tossico fosse un potente stregone zingaro e che abbia in qualche modo punito la mia intransigenza.
Adios.

lunedì 27 agosto 2012

Sembra ieri

Me l'avessero detto un anno fa di tutti questi stravolgimenti, credo avrei preso a calci il mio interlocutore e proncunciato qualche frase solenne sulla follia della gente. Ma questo 2012 che per me di normale ha proprio poco, ha deciso di scrivere sulla lavagna dei ricordi la parola rivoluzione a caratteri cubitali, utilizzando i toni piú accesi del rosso.
Verosimilmente dalla settimana prossima si cambia tutto. Casa, città e lavoro, non senza rimpianti, ma con la consapevolezza che non si sarebbe potuto fare diversamente, tenuto conto delle circostanze. Pertanto, quelli che mi lascio alle spalle sono gli ultimi giorni passati a stretto contatto con le persone che per dieci anni hanno rappresentato la mia famiglia putativa lontano da casa. È impressionante come un arco di tempo cosí lungo possa scorrere tanto velocemente, lasciando dietro di se affetti, ricordi ed esperienze, ma anche un grande senso di vuoto. Quello che ho provato sabato mattina, stipando a bordo di due auto di medie dimensioni quanto accumulato dal 2001 ad oggi. Ogni abito cosí come ogni oggetto era legato ad un periodo, figlio di una qualche situazione intrisa, a propria volta, di quel senso della vita che per me resterà sempre un grosso punto interrogativo. C'era il bambolotto gonfiabile con cui mi hanno costretto a girare il giorno della laurea, la cravatta
porta fortuna per le udienze importanti, quel regalo trash di Cristiana, una testa divina con sotto inciso Zeus a cui lei, con arguzia, aveva aggiunto a pennarello "la capa di..."
Cose che in fondo manco sapevo di avere, evocative di sceneggiature in cui io, protagonista assoluto, incontro una Guest Star del periodo X della mia vita, faccio evolvere il nostro rapporto e poi da spettatore annoiato osservo i titoli di coda, in barba ai sentimenti ed ai buoni propositi.
Cose scritte, rigorosamente a mano ed in bella copia. Lettere di qualcuno che non c'è piú, come le istruzioni di mio nonno vergate su di un vecchio calendario, un quaderno con un "ti voglio bene" griffato mamma ed appoggiato sulla scrivania mentre dormivo, in una primissima mattina di febbraio. Lettere della persona che a distanza di quattro anni riempie ancora troppi momenti di vuoto nella mia schematica esistenza.
Il verbale della prima causa vinta, un articolo di giornale col mio nome ed un coltello della seconda guerra mondiale comprato in un mercatino delle pulci e abbandonato in un cassetto, in attesa magari di un terzo conflitto.
Cosa proveró tra meno di una settimana nel chiudermi la porta dietro le spalle sapendo che non torneró piú quí? Difficile dirlo. Perchè è già straziante convivere con l'aria da afflizione generale che regna tra le persone che conosco e non comprendono la mia decisione di cambiare aria. Dal mio capo, che perde il suo golden boy low cost ad F., che se non si è messo a piangere poco ci manca. I rapporti umani, in fondo, sono delle formule piú o meno bilanciate di egoismo, in cui a turno figuriamo come sfruttatori o sfruttati. Per questo nel dirigermi verso una rotta non meglio evidenziata provo un piacevole sollievo, dato dal fatto che dopo dieci anni molte cose si rompono ed aggiustarle non ha piú senso. La riflessione finale è che tutto comincia come non te lo aspetti, si evolve come non immagini e finisce spesso come non vorresti.
Me ne vado in silenzio senza salutare. Odio gli addii, quantomeno perchè dovrebbero essere circoscritti all'ambito tanatologico o essere ribattezzati come "arrivederci con facoltà di recesso". Ma cosí non è purtroppo. A raccontarla fino in fondo poi mi è mancato nel corso degli ultimi mesi quel sostegno di cui avevo assoluto bisogno. Ma è piú una motivazione contestuale che un capo d'imputazione specifico. Che poi si sia trattato di assoluzione con formula piena o dubitativa è tutt'altra storia. Non di condanna comunque.

"Still a little bit of your taste in my mouth
Still a little bit of you laced with my doubt
Still a little hard to say what's going on"






domenica 19 agosto 2012

Scusami

Il sonno tarda ad arrivare stanotte cosí ho deciso di disturbarti un pó. La decisione di non scriverti è presto naufragata assieme a tutti gli altri buoni propositi della settimana, inclusi lo Studio e il trasloco. Credo che il mio rapporto con papá si stia guastando definitivamente, ammesso che si possa definire tale una relazione sociale basata sul condividere casa e televisione. Tu eri la nostra camera di compensazione, l'argine che conteneva le nostre diversità e adesso che sei andata via, il fiume o chi per lui è in piena. Non dico di non volergli bene, ma non lo stimo. Non è un mistero d'altra parte, anche se so che storcerai il naso. L'ho sempre giudicato inadatto al mio contesto, sopra le righe e fastidiosamente supponente. Un uomo senza qualità che ha sempre avuto come unico scopo quello di demolire gli altri, almeno negli ultimi anni. Hai sempre giustificato queste sue pecche attribuendole alla malattia e alla gente,  ma non hai fatto altro che aggravare il problema. Perchè lui è intimamente cattivo. Provoca e dice cattiverie a profusione, salvo poi piagnucolare nel momento in cui ha bisogno di qualcuno che in tua assenza risolva i suoi problemi. E quel qualcuno sono io. Ma passata l'emergenza riemerge il suo odioso comportamento e cerca di fare col sottoscritto quel che faceva con te, avvelenandoti a piccole dosi giorno per giorno. Ma fortunatamente, non condividiamo lo stesso punto di vista. Fossimo stati nella stessa stanza credo che stasera, dopo l'exploit telefonico gli avrei messo le mani addosso, in primis per quello che ha detto ed in secundis per aver provato a farmi fare la figura dello stupido. È una cosa che non ho mai permesso a nessuno, tantomeno a chi, come lui, reputo di gran lunga inferiore a me. So che sto dicendo una marea di cattiverie, ma davvero non riesco a fermarmi. Due mesi a domani mi sei spirata davanti e lui va a dire in giro che sta soffrendo piú di me. Ma che diavolo ne sa di quel che provo? Non c'era lui a vegliarti in ospedale e non c'era nemmeno quando nell'infanzia e nell'adolescenza ho avuto bisogno d'aiuto. Eravamo tu e io. Non lui, quello strano essere che guardava la tv e criticava. Per te era un buon marito, per me una persona che non sono mai riusicito a capire. Odio il su piangersi addosso e il ricercare continuamente la compassione della gente. Odio tutta la sua famiglia, che ti ha trattato come sappiamo e la sua fretta di giungere a una folle riconciliazione a cosí breve distanza dalla tua morte. Se esistesse un inferno penso finirebbero tutti lí, in compagnia di quella strega di sua madre.
Odio, infine, l'averti promesso, poco prima che ti operassero, che se ti fosse successo qualcosa mi sarei preso cura di lui. Un bel bagno nella merda laverebbe via un pó della sua supponenza, del suo sentirsi uomo di mondo senza aver mai varcato la soglia di casa, ma la tua faccia sofferente mi costringerà a lanciargli seppur in ritardo un salvagente rosso, aggrappatosi al quale riprenderà con la sua spocchiosità da minimo sindacale.
Scusa lo sfogo mamma, ma stasera l'ho odiato profondamente, perchè nelle sue parole ho visto tutti gli anni che ti ha rubato. Magari come dice nonna il suo è un modo come un'altro di reagire alla tua mancanza, che per me risulta comunque inammissibile.
Perchè se sei uomo a sessant'anni ti prendi le tue reposnsabilità e non ti rifugi dietro a tuo figlio salvo poi insultarlo al primo giro utile. Scusa per lo sfogo e l'eccessiva franchezza, ma avevo bisogno di mettere nero su bianco questa tempesta, affinchè tu potessi leggerla. Non so quanto potró resistere prima di chiuderlo fuori dalla mia vita.

Ferragosto e dintorni

Al pari del capodanno e del ponte dell'Immacolata quella di cui sopra è una delle ricorrenze più invise al sottoscritto, principalmente per quel diktat socio-culturale che impone di vivere quel giorno come se avesse qualcosa di diverso da tutti gli altri.
Ogni gruppo che si rispetti ha il suo Filini, inteso come tragico organizzatore di eventi sociali ai quali, nemmeno il piú determinato dei membri puó sottrarsi. M. è il nostro. Diciamo pure che da quando è fidanzato con una costosissima fanciulla dell'est le cose sono sensibilmente migliorate, nel senso che lei assorbe gran parte delle sue energie e dei suoi guadagni, salvandoci da alcune balzane trovate. Purtroppo, non da tutte. Capita cosí che in una qualsiasi serata pre ferragostana io possa essere improvvisamente edotto da F. (che poi è il suo braccio armato) che M. Per quel giorno ci invita tutti al mare da lui, in una sperduta località ligure. Invitare poi è una parola grossa, nel senso che dall'avvento della sua consorte in poi ci è stato tacitamente interdetto l'accesso e/o pernottamento nella magione di famiglia, ragion per cui arrivando sul posto ci si deve sentire già fortunati nel vedersi mettere a disposizione per trenta secondi la cabina dello stabilimento balneare, dove cambiarsi in tempo record e riporre alla peggio i propri effetti personali. Sottintendendo che in caso contrario si dovrà provvedere con mezzi propri, rischiando una sacrosanta denuncia per atti osceni sulla pubblica via (reato, peraltro procedibile d'ufficio...).
Sottrarsi non è mai facile, nel senso che F. conta sempre su di me per dividere i costi kilometrici dei trecento chilometri complessivi che separano la città dal mare e per far ció dalle sei antelucane si piazza sotto casa mia ed inizia a maltrattare il mio incolpevole citofono. Il viaggio per me è sempre un'incognita, nel senso che sono ancora nel primo sonno e spesso faccio cose assolutamente prive di senso compiuto. Come l'acquisto di strani gadget in autogrill o RedBull ed m&m's a colazione... Poi, ad un bel momento, verso la fine della Cisa mi sveglio e realizzo. Il trauma sè accresciuto dal fatto che il viaggio, cosí come l'ingresso in paese è un crescendo do curve che metterebbero a dura prova anche il piú duro degli stomaci. Si comincia con delle sinuose chicane e si chiude il lotto con un insidiosissimo cavatappo. In Liguria, una delle cose piú difficili al mondo è la ricerca del parcheggio, stante una presenza umana ben superiore rispetto all'effettiva capienza del posto. Ad alzare il coefficiente di difficoltà, poi, una nutrita schiera di vigili ed ausiliari del traffico, pronti a disoccultarsi e verbalizzare non appena il poveretto abbia appunto trovato il sospirato parcheggio. Dio benedica i GdP, ripeto tra me, che essendo pagati a provvedimento hanno tutti i migliori interessi ad accogliere i ricorsi ed annullare le multe.
La spiaggia ê un qualcosa che per me non sta né in cielo né in terra: lottizzata e privatizzata per tre quarti, con un orrendo accrocchio di cabine e sporting club all'ingresso, quasi che il mare, in questo effimero ensemble di offerte a pagamento sia il parente povero della piscina e del campo da tennis.
Tutto stride,palesemente, con l'idea di libertà che una spiaggia degna di tal nome dovrebbe suscitare in chi la visita.
Gli ombrelloni sono tutti dello stesso colore, divisi da cinque file di tappeti di tela, giusto per impedire ai piedi il contatto con la sabbia (sob!). Pertanto, se come il sottoscritto hai un senso dell'orientamento prossimo al nulla, avrai l'imperdibile possibilità di girare come uno scemo per tutta la mattina, prima di ritrovare la tua roba. Inutile dire che lo spazio vitale è ridotto all'osso, in quanto, causa l'estrema esclusività dello stabilimento di M. i posti vengono assegnati per diritto divino/ereditario, ragion per cui ci ritroviamo immancabilmente ammassati in dodici nello spazio che andrebbe bene per una coppia di neonati.
L'acqua, almeno per i miei standard è sull'oleoso andante e quando ne esco fuori, dopo il bagno, piú che un turista mi sento un benzinaio, dato l'odore di Shell VPower che la pelle si porta addosso.
A volte, proviamo anche ad abbozzare una partita a beach volley, ma il fondo decisamente sassoso, dopo un pó, ci induce a piú miti consigli.
A mezzogiorno, immancabile, scatta il pranzo in focacceria, dove come da copione, mi abbuffo come un suino.
Il momento di estasi alimentare viene spesso turbato da quel personaggio che praticamente tutti, dall'inizio del viaggio, avevamo cercato di ignorare: N/e. Fidanzata rompipalle di D. lei è da sempre la spina nel fianco del gruppo. Magra, nasuta e fumante. Con le sue fattezze da strega nocciola e il suo risultare odiosa anche quando cerca di fare la simpatica è quanto di peggio ci si possa augurare in una giornata ferragostana.
Quasi sempre, tutto comincia con un discorso sul piú e sul meno, tipo il fatto che il fumo e le droghe fanno male. Da lí parte una disquisizione medico-legale coi tre medici e i due avvocati del gruppo che iniziano a disquisire delle conseguenze fisico sanzionatorie per i singoli utilizzatori o a raccontare tremende storielle su pazienti e clienti. Quando pare che la giornata stia prendendo una piega leggera e soave ecco intervenire, a sproposito, la rompipalle. Con qualche storia assurda del tipo "Il fumo non fa male, gli indiani d'america masticavano tabacco e fumavano foglie di coca", tanto per giustificare i suoi due pacchetti di Marbloro al giorno. F. che sentitamente ricambiato la odia, le fa garbatamente notare che il suo esempio è provo di logica, dato che i nativi americani morivano a trent'anni per un raffreddore e i danni del fumo o della coca si intuiscono solo molto tempo dopo.
Da lí parte una rissa verbale, in cui lei alza il tiro delle proprie cazzate e noialtri, nenache tanto bonariamente la sfottiamo. Alla fine tace, per poi covare quel sordo rancore che ci esploderà in faccia all'ora di cena, mandandoci di traverso un piatto di linguine allo scoglio. Il suo amato, sentendosi preso tra due fuochi, proverà a difendera, magari rinvangando con F. o M. qualche antico dissapore delle elementari. Al che, il sottoscritto, che quatto quatto lemme era magari già arrivato al secondo, dovrà interrompere il suo mistico rapporto con la frittura di calamari per evitare che F. e D. passino alle vie di fatto. Col primo che mincaccerà il secondo di lasciare appiedati in liguria i due innamorati.
Il ritorno, manco a dirlo è una riproposizione della guerra fredda sulla macchina di F. con me e lui davanti e la coppietta sul sedile di dietro. In mezzo, due ore abbondanti di tesissimi silenzi intervallati dai miei svizzeri tentativi di svelenire il clima con delle pessime battute notturne.
Bilancio: sonno arretrato, umore pessimo e un sacco di soldi spesi per una giornata del menga.
Morale: viaggiare è sfiancante, costoso e spesso poco igienico. Gesù non è mai andato in vacanza, a meno di non contare quella capatina a Gerusalemme. E sappiamo tutti com’è andata a finire.

lunedì 13 agosto 2012

Mio zio, l'assemblea condominiale & io.

L'avessi presentato al mio capo il suo commento sarebbe stato "Suo zio ha un grande senso della famiglia!" Come dargli torto, se d'altro canto, nel giro di trent'anni è riuscito a farne e disfarne tre, in maniera del tutto logica e consequenziale.
Sessant'anni malamente dissimulati, fisico asciutto e baffo malandrino, questo l'identikit del principale diffusore del patrimonio genetico familiare nel mondo.
Fosse solo un provolone come tanti nulla da dire, ma lui, al pari di un virus deve necessariamente congiungersi con l'organismo ospite per poi, proficuamente, riprodursi.
Cosí, negli anni, ho imparato che l'estate avrebbe portato con sé nuovi ed inattesi cugini, capaci di materializzarsi tra la cucina ed il soggiorno di casa nel corso del mese di agosto.
La scena era sempre la stessa: prima faceva le corna alla moglie di turno che lo metteva alla porta, poi arrivava in Sardegna con pargoli al seguito e quí, stanti le fattezze streghesche di mia nonna paterna e delle altre zie riparava a casa nostra, sinonimo di famiglia con la F maiuscola.
Non che da un anno all' altro poi ricordassi i nomi dei vari cugini, già che nella mia visione monocorde del mondo facevo molta fatica ad accettare la dipartita della precedente zia, che magari si era già comprata il mio affetto con qualche inatteso regalo.
Per farla breve il mio caro zio si è palesato innanzi a me anche in questo torrido mese di agosto, con tanto di neo cuginetti leghisti. Ebbene sí, due pargoli padani cresciuti a pane (pardon, polenta) e Borghezio, di quelli che già dalla tenera età girano col cappuccio puntuto dei KKK e guardano con malcelato disprezzo qualsiasi cosa provenga da sotto al Po.
Insomma, le mie ultime giornate feriali sono state per cosí dire rallegrate da questo insolito ensemble, con tanto di accesi dibattiti elettorali tra mio padre ed il mio cugino comu e le due piccole camicie verdi. Posto che mio padre ha l'etá mentale e cognitiva di un bambino di sei anni caduto dal seggiolone, di tanto in tanto mi veniva voglia di abbandonare le mie occupazioni, dare un paio di ceffoni a casaccio e mettere l'intera truppa in punizione, magari in ginocchio sui ceci, di rigorosa produzione locale.
Purtroppo peró mio zio era lí ad ingabbiarmi con quelle che io chiamo balle da delirio competitivo. Poveretto, considerata che l'etá media delle donne del paesello sfora abbondantemente gli ottanta c'era anche da capirlo. Quindi, abbandonata ogni velleità di conquista verso nonna Immacolata e zia Addolorata, cercava di convincermi di cose che non stanno ne in cielo ne in terra. Quí di seguito un piccolo estratto delle sue affermazioni ai limiti della fantascienza (e oltre...):
"A quattro anni ho guidato un camion"
"Corro nel campionato italiano rally" (si producono a suffragio di detta ipotesi foto sfuocate)"
"Sono stato in testa per ben due tappe della summenzionata corsa"
"L'assenza di sponsor mi ha privato della meritata vittoria finale"
"Ho fatto la Milano Varese in 22 minuti netti" (una volta forse anche in bici)
"Candolini, quello della grappa prima di esportarla in America mi chiede di assaggiarla"
"Nel mio orto crescevano angurie da 27 kg"
"Da piccolo avevo un cane quasi parlante"
Chi legge capirà come per il sottoscritto alla settima od ottava bordata di questo tipo sia praticamente impossibile non reagire, quantomeno per evitare che la casa crolli sotto il peso di tali stronzate titaniche.
C'è da dire poi, che in tal senso vedono e provvedono i suoi stessi figlioletti, che dall'alto della loro fase preadolescenziale lo ammoniscono rassegnati con un "Dai papà piantala!"
In questo mare magnum di controsensi, poi, vuoi mica perderti l'assemblea di condominio della casa al mare?! Opportuna come il mal di denti al Venerdí sera giunge immancabile ogni estate a funestare i miei ultimi giorni di vacanza.
Ricorda neanche tanto vagamente le assemblee di fantozziana memoria, dove dopo un paio di cordialissime strette di mano i partecipanti cominciavano a a darsele di santa ragione.
Il tutto comincia sempre con nove nuclei familiari che si ritrovano nel giardino condominiale per deliberare su un bilancio perennemente in rosso redatto da un amministratore maldestramente disonesto.
"Venga Avvocato, si sieda vicino a me" mi intima con ghigno ferino la vecchia dell'ultimo piano, aggiungendo poi un "oggi conto su di lei per cantargliene quattro!" A me, naturalmente non ne puó fregar di meno, avendo come unico obiettivo quello di pagare e tornarmene a casa nel minor tempo possibile.
Cosí non è, dato che avendo un amministratore genovese che in gioventú impagliava bestie morte, i vari condomini non si fidano e pretendono la rendicontazione dei singoli centesimi.
Lui, che puzza come un caprone e ha l'occhio destro che manda al diavolo il sinistro, prima svolge nei miei confronti una sperticata captatio benevolentiae e poi, vedendosi ignorato tira fuori dei fogli excel disperaamente imbastiti la sera prima al grido di "carta canta!" cercando, invano, di spiegare come le riparazioni effettuate in casa sua siano magicamente finite sul conto comune o del perchè quattro lampade alogene costino quanto i gioielli della corona inglese.
La vecchia di prima, spalleggiata dalla figlia matta della sua dirimpettaia, inizia allora a chiedergli di produrre le fatture per le riparazioni imputate tra le spese generali, ottenendo in tutta risposta una serie di incomprensibili grugniti che, immancabilmente terminano in una risposta infantile e geniale al tempo stesso "Ma perchè non siete venuti a chiedermele prima queste cose?!" Anche se non lo ammetteró mai, sono intimamente convinto del fatto che una simile risposta lok renda un essere superiore a tutti noi.
I toni, conseguentemente alle reticenze del nostro infido amministratore iniziano a salire, con la vecchia che sopraffatta dalla depressione inizia a piangere e la matta che terminato l'effetto Tavor inizia a insultare l'impagliatore genovese con epiteti irripetibili.
A questo punto della storia, ogni narrazione degna di nota dovrebbe produrre un deus ex machina che sbrighi la matassa, cosa che peraltro accade con una certa regolarità. Sulla divinità di tale soggetto avrei le mie riserve, ma di macchine, da quando lo conosco ne ha cmabiate parecchie. Di nome fa Bachisio ed è un odontotecnico. Se ne da un sacco, quasi fosse il dentista delle star di Hollywood e non al contrario il riparadentiere delle casalinghe di Pinerolo. Lui è l'antimatta, nel senso che in un imbarazzante sardo-piemontese inizia a urlare piú forte di lei e a gesticolare con estrema eloquenza. A spalleggiarlo, alla bisogna, il suo migliore amico, che fa l'agente funebre (...grattatina ai gioielli di famiglia...) ed ha una somiglianza impressionante con il cinghiale del digestivo Brioschi. La matta quasi sempre perde e lí per me sono uccelli per diabetici. Nel senso che inizia l'interrogazione di diritto privato su una non meglio precisata causa da intentare contro il costruttore, che ha fatto progettare gli scarichi da Topo Gigio. Roba che alla mia dirimpettaia escono gli spaghetti dalla doccia e a me... lasciamo perdere! In ogni caso vengo tartassato di domande su problemi che spesso non sono minimamente afferenti al caso in esame, tipo la bis-cugina laterale che vuole separarsi consensualmente o quello che vorrebbe trasferire il domicilio fiscale in Svizzera. Alle brutte, con estrema calma, spiego agli astanti che difficilmente potrei patrocinarla io quella causa, che sarebbe meglio cercare uni del posto, che i costi medi per un atto di citazione relativo a cause di valore superiore al milione di euro è di almeno 8-10 mila euro, comprensivi di diritti ed onorari, senza poi contare che tra l'avvio del procedimento e la sentenza di primo grado potrebbe passare un tempo indefinitamente ricompreso tra i sei ed i dodici anni. Questo tendenzialmente li fa tacere o quantomeno mi fa guadagnare il tempo necessario per rifurgiarmi in casa, al riparo da questa folla inferocita.
Alla fine si paga. Ognuno alla sua maniera. Nel senso che l'odontotecnico ed il beccamorto fanno i crapuloni, lasciandoci sempre cinquanta euro in piú del dovuto e costringendo anche me a malincuore, ad estrare dal portafoglio la solenne banconota cartacea, che da lí a poco l'amministratore mi strapperà non senza difficoltà dalla mano destra. poi c'è tale Anne, una francese panciuta e fiera sposata con uno che ha 57 anni piú di lei e non si decide a morire. Lei è indietro dal 95 coi pagamenti e francamente sono convnto del fatto che regolarizzare la sua posizione debitoria equivalga a ristrutturare il debito della grecia.
Forse ci sarebbe anche qualcosa da raccontare anche suo sottoscritto, che in questo iter narrativo compare solo come miglior attore non protagonista.
Ma cosa ci posso fare se stasera non mi va di stare al centro della scena?!

venerdì 10 agosto 2012

Mareggiare

Il colore dell'acqua ha cambiato decisamente prospettiva a queste latitudini. Finalmente i piedi sono distinguibili anche a parecchi metri dalla riva e quel che resta addosso dopo un bagno ha molto di salino ed assolutamente nulla di untuoso. Pure i ritmi sono lenti e dinoccolati, come lo puó essere un brano di fado portoghese rispetto a un pezzo di musica house. Le persone sono quelle di sempre, che ti abbracciano e ti dicono che a loro lei manca quasi quanto a te e che certe assenze hanno bisogno di troppo tempo per essere metabolizzate nell'arco di una vita soltanto. Mi alzo presto la mattina, giusto per percorrere al rallenty i duecento metri che separano casa mia dal porticciolo ed ossevare il fiume ed il mare che si congiungono, nell'attesa che un pescatore di nome Ugo giunga con le prelibatezze che la sera prima, qualcun altro ha ordinato per me.
L'odore della macchia mediterranea si mischia meravigliosamente alla salsedine, mentre stiracchiandomi sulla terrazza inizio a concertare su quale spiaggia sia meglio frequentare oggi. Difficile mettere d'accordo quattro persone. C'è l'asociale che vorrebbe una caletta irraggiungibile tutta per se, il pigro bramoso di arrostire nell'affollata spiaggia davanti a casa mia, il glamour che ti butta lí il posto X in Costa Smeralda, dove un caffè costa come un rene e a conti fatti viste le facce non ci farebbero nemmeno avvicinare ed infine io, che onestamente non so mai che pesci prendere in questi casi... Il bello del sud rispetto alle latitudini continentali è che ti godi decisamente il viaggio, perchè per lunghi tratti si perdono le tracce di qualsiasi insediamento umano ed il paesaggio non si riduce ad un piatto susseguirsi di capannoni industriali.
Perció ti metti in macchina e vai, con idee alquanto vaghe su una destinazione che deciderai cammin facendo.
E cosí è stato pure oggi. Con l'idea iniziale di dirigersi verso Sud-Est, una successiva topica clamorosa su di un bivio (al grido di: tranquilli ragazzi, questa strada la conosco come le mie tasche!) e la final solution di far rotta in direzione ostinata e contraria.
Alla fine siamo arrivati a Managu, che è una di quelle calette che si raggiungono facilmente via mare e difficilmente via terra, con l'obbligo per chiunque abbia una macchina normale ad abbandonarla all'ingresso e rassegnarsi ad un lungo e sassosopellegrinaggio in direzione mare. Acqua splendida, gente zero e paesaggio praticamente sospeso in una dimensione spazio temporale sconosciuta ai piú: veramente superbo, insomma. Col plus, tutto personale, di aver potuto inserire le marce ridotte per arrivare a destinazione, mentre gli altri arrancavano.
Ho poggiato il telo, tolto infradito e maglietta e mi sono tuffato, facendo il morto con la faccia in giú per almeno quaranta secondi. Non che volessi essere soccorso o, peggio, covassi qualche aspirazione suicida, ma trovo particolarmente rigenerativo trattenere il fiato sufficientemente a lungo da godere ogni singolo respiro che seguirà al rilascio dell'aria. Volevo anche fare qualche immersione, con tanto di pinne, maschera e fucile da sub, ma trenta sono pur sempre trenta, cosí dopo un paiodi bracciate ho preferito dedicare i miei sforzi al completamento di un cruciverba crittografato. Al ritorno la contesa si è spostata sul dove andare a mangiare e lí, spinto dalla bramosia del mio pancino sono improvvisamente diventato decisionista. Cosí, con fare dittatoriale ho imposto il ristorante sulla spiaggia che da quasi trent'anni ha un rapporto del tutto particolare con la mia famiglia. Perchè tutte le grandi occasioni vacanziere erano suggellate da un passaggio in quel posto, che sapeva buono già dall'insegna, raffigurante una vela maestra opportunamente stilizzata.
Imperdibili gli spaghetti all'astice, il gattuccio cucinato con una ricetta tipica del posto ed il guazzetto di pescatrice. Lo chef ha il vezzo di presentare i piatti come fossero delle composizioni artistiche, che quasi quasi ti viene da tirar fuori il cellulare e scattare una foto prima di cominciare l'assalto. Il proprietario è una persona deliziosa, di quelle che ogni tre per due vengono a chiederti sorridenti come procede la cena. Tra una portata e l'altra inserisce sempre qualche degustazione omaggio ed a fine pasto non lesina mai un robusto sconto.
Ma è questo paesello di poche centinaia di anime a dare il via ogni anno al mio personalissimo viaggio tra la malinconia ed i ricordi. Perchè quí, da sempre, tutto è immancabilmente uguale a se stesso, quasi da farti pensare che da un momento all'altro chi se ne è andato dalla tua vita sia in procinto di ritornare.
Sarà per questo che stasera, dopo una bella passeggiata sulla spiaggia mi sono fermato a guardare il tramonto, con addosso la strana sensazione che tu fossi lí con me.