mercoledì 25 gennaio 2012

La terra trema

Non avevo mai vissuto in diretta un terremoto. Almeno non fino a stamattina, quando alle nove e zero sei, dopo aver udito alle mie spalle un rumore che assomigliava sinistramente a un'enorme saracinesca che si infrange al suolo ho iniziato a guardare divertito un ciccione coprire in meno di dieci secondi cento metri piani, per andarsi a posizionare, praticamente in apnea, sotto il portone di un palazzo.
Come da tradizione avevo gli auricolari in posizione standard, con Joss Stone che sulle note di "LOVE" mi dava contemporaneamente la sveglia e il buon giorno. Sarà forse per questo che lì per lì non ho realizzato cosa stesse succedendo. Le mie ipotesi spaziavano dall'attentato terroristico, all'autobus fuori controllo in area pedonalizzata e si spingevano fino ad un'improbabile e affascinante invasione aliena. Ma non ad un terremoto. L'illuminazione me l'ha data l'avvocatessa di uno Studio rivale, che fiondandosi fuori dalla panetteria si aggrappava al braccio di uno semisconosciuto (io) continuando a urlare "terremoto, terremoto!" mentre un vigile, confermando i miei peggiori pregiudizi sulla categoria, mi intimava di allontanarmi dal marciapiede, come se una strada larga meno di sei metri e incastonata tra imponenti palazzi cinquecenteschi fosse in grado di offrire chissà quale riparo  a chi si fosse collocato nel mezzo.
Da lì in poi è stato il panico. Degli altri, intendo. La final destination di una città di provincia, che nell'ansia febbrile del momento legittimava come propria quella drammaticità catastrofista che l'immaginario collettivo riconosce solo alle grandi metropoli.
Al mio arrivo il Tribunale assomigliava a una piccola Woodstock, riassumendo in se un mix di preoccupazione, indifferenza e nera ironia. Sarà per questo che abbozzavo una battutaccia sul finire contemporaneamente in prima ed ultima pagina del quotidiano locale, beccandomi le occhiatacce di un'ansiogenissima cancelliera, che continuava a chiamare casa nonostante la rete cellulare avesse certificato il proprio game over.
Premio freddura della giornata al mio Capo, che dopo aver cercato di sfruttare le amnesie da terremoto della PM per raschiare qualche mese su un patteggiamento, apprendeva che nella scuola del figlio tutti evacuavano e per questo, con fare serioso, mi domandava se  si riferissero al bagno. Ce la ridevamo, di gusto, con me che di tanto in tanto armato si smartphone diramavo i bollettini informativi avvinto da un capannello di curiosi e lui che si improvvisava sismologo, come tre quarti dei personaggi che oggi si sono parati sulla mia strada.Una giornata strana, insomma, durante la quale come non mai, ho storto il naso davanti a tutti quelli intenti a prendersi troppo sul serio, davanti a un'evento che seppur con modalità non esattamente gradevoli ha facilitato un pò di dialogo e condivisione, azzerando anche se per poco tante insormontabili barriere.