venerdì 19 ottobre 2012

Weekend e variazioni sul tema

Il mio peggior difetto è il non saper dir di no anche quando dovrei farlo. Potrebbero convincermi ad affittare un loft su Giove, fare una nuotatina in un mare infestato da squali o chiedere ad un ultraottantenne logorroico di raccontarmi la storia della sua vita. Sono davvero pessimo. Soprattutto al Sabato, quando avrei solo voglia di restarmene a casa in pantofole e celebrare la grandezza del mio trentadue pollici HD ed invece vengo costretto a uscire per impegnare tempo, denaro ed energie in qualche impresa dalla dubbia utilità.
E passi pure la mia dolce metà, che in preda a deliri da shopping compulsivo mi trascina in qualche esclusivissimo negozio di Mailand solo per osservare, in un'estasi mistica che ben poco comprendo, le ultime ballerine di Jimmy Choo. Ma non i suoi amici. M. & F. sono una coppia in crisi con pargolo in arrivo. Lei è la famosa protagonista in rosa di F.&F., lui l'eroe negativo della situazione, nel senso che tutte le amiche di lei lo odiano per come la sta trattando ed i rispettivi fidanzati di costoro, per contro, si chiedono grazie a quali super-poteri sia riuscito fin d'ora a passare indenne attraverso ben tre tradimenti conclamati.
Fatto stà che tre fine settimana su quattro ci tocca cuccarceli, con la mia girl che consola l'amica affranta ed il sottoscritto che medita di lanciare addosso al proprio dirimpettaio una boccetta di acqua benedetta, tanto per vedere se al contatto prende fuoco rivelando cosí la sua reale natura diabolica.
Capita quindi anche a me, in un mercoledí pomeriggio a caso, d'incarnare la parossisitica figura dell'uomo sbagliato, nel posto sbagliato, al momento sbagliato e di rispondere con un "Vedremo" all'invito che il cornificatore professionista aveva deciso di estendermi in vista della locale Beer Fest.
Che poi per me il concetto di "Vedremo" sia qualcosa a metà strada tra un "niet" ed un "col cavolo che vengo" poco importa, in particolar modo se la tua controparte lo prende per un si convinto e gioioso.
Vero è che un anno prima avevo opposto minori resistenze a predetta richiesta, ma stavolta la cappellata l'ho fatta a ragion veduta,con tutte le prevedibili conseguenze del caso.
Ecco, vi dico solo che il capannone industriale in cui si svolge l'evento ( mistificatoriamente definito "Stand") si trova a cinquanta metri da una fabbrica di lievito. Una delle cose piú puzzose in natura, al cui confronto una fogna Indiana sembra un mega tester di Chanel nº5.
Se questo non bastasse, ecco arrivare le immancabili co-protagoniste della serata: le amiche zitelle. Sono di quei personaggi mitologici che si materializzano solo in occasione della Beer Fest incriminata e poi spariscono misteriosamente, quasi non fossero mai esistite. Una è bionda sul bruttino andante, alla Bridget Jones della prima ora, la seconda è la versione cessosa di Amelie, quella del fantastico mondo, dopo la dialisi peró. Ad onor del vero ho omesso di raccontare che la prima delle due si è immorosata, con un tizio che a occhio e croce avrà dieci anni meno di lei e l'altra, per ripicca, ha tirato fuori dal cilindro un'amica di riserva: la piú brutta del trio.
Morale della favola, recuperate quelle che da quí in avanti definiró le tre grazie (in rigoroso ordine di apparizione: Grazia, Graziella e Grazie al caxxo) ed il fidanzato infraquattordicenne, on y va a la fetê.
Recarsi all'unico evento sociale della provincia, per giunta alle otto e mezza di Sabato sera è qualcosa di abbastanza simile ad un suicidio assistito. La fila di auto nonostante l'olezzo lievitante cominciava un paio di chilometri prima dei cancelli d'ingresso, dove uno stuolo di volontari di giallo vestiti, annunciava mestamente agli avventori che i parcheggi erano esauriti.
Dopo numerose sacramentazioni e la tentazione, parecchio forte, di abbattere i volontari di cui sopra come fossero birilli, il nostro eroe (cioè io) trova finalmente parcheggio in un campo arato di fronte al lievitificio.
Il leit motiv della serata erano i cinque euro, dato che tutto, ma proprio tutto, dall'ingresso alle birre, costava cosí. Pure i panini ahimè, che nonostante i prezzi da "Four Seasons" di Porchetta avevano giusto un'ombra. Delle birre poi non parliamo. In base all'assioma cardine del buon bevitore, qualsiasi bionda,vrossa o scura versata in un bicchiere di plastica prende un saporaccio, per quanto valido possa essere il prodotto iniziale. Aggiungiamo poi (ma questa è una notazione di carattere personale) che da qualche anno a questa parte spuntano come funghi i birrifici artigianali, dove degli snob dell'ultima ora producono dei beveroni imbevibili tipo la birra alle castagne, che già dopo il primo sorso opteresti per la soluzione di restare astemio a vita.
E quí succede il patatrac, perchè il moroso fedifrago si offre di andare a prendere una birra anche per il sottoscritto allo Stand del birrificio "La Cavallina" ubicato due metri ad est rispetto al gruppo e poi sparisce, per ben tre quarti d'ora. Tutti a chiedersi dove fosse finito, con la puerpera in angoscia ed il nascituro che scalciava, alla ricerca del papà perduto. Poi...L'inimmaginabile...O forse sarebbe meglio dire il conoscibile, se solo fossi stato capace di decifrare per tempo il rebus contenuto nelle sue ultime parole... La Cavallina, lui era andato a correrla, esattamente dall'altra parte della sala, dove probabilmente camuffata coi baffi e l'impermeabile da ispettore Gadget c'era l'amante! Che meraviglioso clichè esclamavo nel silenzio della mia mente! Purtroppo, F. intuita la piega che la situazione aveva preso, non si dimostrava altrettanto entusiasta dell'accaduto ed al ritorno del suo principe azzurro lo ricorpiva d'insulti, davanti alle tre grazie inebetite, alla mia bella furente ed al sottoscritto, costretto ad atti di autolesionismo sulla propria persona per evitare di far deflagrare l'intimo sentire in una fragorosa risata. A prescindere dai perbenismi quell'uomo lí è un genio del male! Moralmente parlando, i peggiori delinquenti che ho visto scorrere davanti a me in oltre tre anni di vita forense, sono agnellini al suo confronto.Insomma, come puoi mettere le corna a una che porta in grembo tuo figlio senza sentirti una carogna?! Ma soprattutto, come riesci ad evitare un sacrosanto e meritatissimo linciaggio?! Temo seriamente che queste domande rimarranno senza risposta, come quella relativa ai disturbi socio-relazionali degli organizzatori della festa, che ancora oggi mi assilla.
Atto primo:cover girl di Tina Turner, con la faccia da transessuale brasiliano e una voce in linea coi connotati esteriori,che dopo aver funestato l'intero repertorio della pantera di Nulbush,chiude si fa per dire in bellezza rovinando la Turandot di Puccini con un'interpretazione elettro/dance del "Nessun dorma".
Atto secondo:presentatrice della serata (faccia da nave scuola del paesello) che sentendosi in competizione con la raffinata musicista di cui sopra, prima declama il proprio prestigioso curriculum artistico (tre anni a SalameTV, quattro a FoxVacche e via cosí...) e poi trionfante annuncia "Cari spettatori,come saprete io sono la sosia italiana di Sarah Jessica Parker!" (Dopo la dialisi, come sopra...) ...Reazione: Pubblico ammutolito...
Atto terzo: "Carrie Bradshaw de noartri" regala alla serata il proprio personalissimo punto di non ritorno:"E adesso signore e signori applaudite con me la superstar del paese, nonno Ermete, il vero sosia di Robert De Niro!" Oddio. Oddio. Oddio. Questo il mio unico pensiero, nel vedere salire sul palco un vecchio rubicondo con vestito a quadrettoni anni 70. Somigliava al meccanico di mio nonno, piú che a De Niro e ben presto SJP in salsa "lumbard" doveva sottrargli il microfono, per impedirgli di dimostrare che un mix di demenza senile ed alcool possono abbassare ulteriormente il livello di una serata fallimentare.
Atto quarto: saró breve, perchè la rap band di paese subentrata a nonno Robert, in un drammatico ricambio generazionale, ha solleticato i miei peggiori istinti omicidi in senso musicale.
Erano talmente pessimi da rimettere pace in seno alla coppia scoppiata. Non tutte le canzoni d'amore sono canzoni d'amore no?!






lunedì 8 ottobre 2012

Cuatro tontos en Barcelona

"Avete preso i Voucher?!" Ecco, appunto. Le partenze per i viaggi memorabili cominciano sempre con una domanda cretina, meglio se a copyright del papà di uno dei tuoi migliori amici, che fino a quella sera non ti spiegavi come avesse potuto mandare gambe all'aria la florida impresa di famiglia. D'altra parte il personaggio in questione serbava in se tutta la grandeur medio borghese del provinciale benestante che ama riempirsi la bocca con termini esotici di cui percepisce vagamente il significato (ed ancor meno la pronuncia...).
Seguiva un mio sorriso falsissimo, modello Giuda che bacia Gesú, una disarmante spiegazione sul fatto che quattro studenti non potevano certo organizzare un viaggio in terra spagnola armandosi di voucher e che contrariamente alle aspetttive paterne il rampollo di famiglia avrebbe abdicato al lusso in nome di qualcosa low low low cost.
Rewind.
Non so come fosse saltata fuori l'idea di Barcellona, probabilemente in uno di quei momenti di follia in cui M. Prende le iniziative suicide, F. decide di seguirlo ed io vengo trascinato per i piedi. Nel baratro.
I biglietti per il baratro, nel nostro caso, li vendevano in un posto chiamato "I viaggi di Sossi" ubicato all'ingresso della tangenziale est e gestito da due gemelle affette da principi di nanismo e dal fidanzato di una di loro (o di entrambe, tanto non se ne sarebbe accorto), un egiziano di nome Salla.
Costui aveva un che del Re scorpione, nell'aspetto, ma la parlata purtroppo era tale e quale a quella dell'aiutante scemo di Marco Polo nella pubblicità della Telecom e l'intraprendenza pure.
La scena comicamente surreale era rappresentata da noi quattro, allineati dietro al bancone che gli chiedevamo di trovare un Hotel a Barcellona con parcheggio incluso e lui che cinque volte di fila telefonava ad un misterioso personaggio e proferiva d'un fiato la seguente tiritera :"Salveeeee sono Sallaaa Sossi Viaggiii prenotare Hotel per quattrooo Madrid..." seguiva coro da stadio con cui noi precisavamo "B-A-R-C-E-L-L-O-N-A!" lui si scusava, correggeva il tiro e riattaccava. Salvo riproporre il medesimo sketch alla chiamata seguente.
Dopo lunghe e penose sofferenze il nostro tronfio faraone ci informava di aver trovato un quattro stelle a duecento euro l'Hotel "Auto Hogar". Qualche settimana dopo avremmo scoperto che 3,5 di quegli astri dovevano essersi persi nella notte di S. Lorenzo.
Forward
Eravamo rimasti ai voucher, che quella sera non sarebbero stati l'unico titolo cartaceo a funestare la nostra partenza. Bisognava ancora passare a prendere D. con tutto quello che l'avventurarsi a casa sua avrebbe comportato.
Come raccontavo qualche post fa D. ha sempre avuto le manie, intese come eccentriche ed insalubri passioni che svilpuppava ed abbandonava nel volgere di pochi mesi. Quello era il periodo della Kickboxe e dei tarocchi. Adesso potrete immaginare la mia faccia quando, varcando la soglia di casa sua sono stato accolto da una dimostrazione di calci rotanti contro la libreria del salotto. Ed ancor meglio potrete immaginare dove sia finita la mano destra dopo che il caro amico aveva insistito per leggere i tarocchi sul mio futuro amoroso, con l'inquietante risultato della morte a testa in giú!
La scelta del mezzo con cui affrontare il viaggio della speranza che ci avrebbe condotto in Catalogna si era rivelata particolarmente combattuta, con improvvise variazioni tra lussuose berline e sgangherate utilitarie, salvo poi ricadere su una Volvo. Vecchia come i sassi peró, con incluso atlante stradale europeo datato 1986, tanto per mettere i puntini sulle i a riprova del fatto che di viaggio della speranza si trattava.
Sciropparsi mille e rotti chilometri in macchina puó essere vagamente letale, soprattutto se parti da casa alle dieci di sera.
F. aveva preparato per noi un mix dopante a base di M&Ms e Red Bull, col sottoscritto che ad ogni sorsata/sgranocchiata si avvicinava sempre piú al nirvana. Quantomeno per il sapore, degno dei peggiori yogurt al melone che albergano in certi strani frigoriferi felsinei (cit.)
Quando si va a Barcellona in macchina le colonne d'ercole sono rappresentate dallo svincolo autostradale di Nizza, dove si hanno piú o meno 15 opzioni diverse, dei cartelli verdi scritti in aramaico antico ed un tempo variabile tra i 2 ed i 3 secondi per decidere il da farsi.
Credo di aver voltato a sinistra, raccomandando l'anima al diavolo ed incrociando le dita dei piedi, mentre gli altri dormivano beati.
Sei ore e due soste dopo a svegliarmi erano le note di Freddie Mercury e le urla di M. che, alle porte della Catalogna, aveva deciso di avviare un curioso siparietto con due motociclisiti.
Loro mimavanoal nostro indirizzo un gesto simile allo starnazzare di una papera, battendo quattro dita sul pollice, lui continuava a mostrare il dito medio.
E fu cosí che al grido di "ci stanno dando dei mangia merda" il nostro decideva di seguire i malcapitati centauri in autogrill, dove, dopo una mezza rissa verbale, uno di loro sottolineava che ci eravamo scordati di spegnere i fari...
Soddisfatti del fatto di esserci resi protagonisti in negativo ancor prima di entrare in città, facevamo quindi rotta verso l'hotel.
Pretendere di arrivare a Barcellona con una cartina dell'86 è utopistico, sperare poi digirarci dentro addirittura fantascientifico. Perció dopo aver maledetto F., le edizioni Deagostiini e le nozioni geografiche di D. (che su una delle Rambla sosteneva di aver visto niente meno che il Consolato Spagnolo) arrivavamo finalmente all'hotel... Ecco, non affidatevi mai ad un agente di viaggio egiziano. Almeno in cui non vogliate ritrovarvi in un posto che si chiama "Auto Hogar" e che ha il parcheggio integrato nella reception, roba che se sbagliavi la retro accoppavi il concierge.
Le camere erano tremendamente sporche, con delle brandine tipo cella ed un affaccio panoramico su un cortile/discarica dai contenuti indicibili. In reception stava un tipo antipaticissimo identico a Pino Insegno, che fongeva di essere affetto da gravi turbe auditive ad ogni nostra domanda.
La città aveva il fascino decadente dei vecchi porti di mare, con le sue enormi contraddizioni, date da quartieri eleganti e patinati a viottoli in cui la polizia sconsigliava di avventurarsi. Inutile dire che nel nostro provincialismo ante litteram alcune cose finivano col farci correre un brivido lungo la schiena. Tipo il tossico che si faceva in vena alle dieci di mattina di fronte all'albergo ed un ciccione completamente nudo che ci sfrecciava di fianco su una delle vie principali.
La vita notturna poi, confermava il pessimo trend del nostro inizio di giornata. Io venivo spossessato di cinque euro di resto da una cameriera bionda che continuava a dire "Yo soy de Mallorca lalalala!" ed M. dopo essersi lavorato una biondina per quasi tre quarti d'ora subiva un umiliante sorpasso ai box dal sosia di Conan il barbaro. F. nel tentativo di dimenticare il perduto amore dell'epoca, tracannava qualcosa come 14 bottigliette di birra Foster, salvo poi mettersi ad insultare il nordico rivale amoroso di M. che, per nostra fortuna, di italiano non capiva un tubo. D. dava calci ai lampioni e questo vi basti.
Io ed M. eravamo in camera assieme, motivo per cui ci ritenevamo autorizzati a fare scherzi da prete agli occupanti delle stanze adiacenti. Tutto era nato quando, la seconda mattinata spagnola, si era aperta con delle milanesi spocchiose, che nella hall, ci avevano additato come "cafoni chiassosi". Allora come adesso, pur essendo una persona aperta alle critiche non tollero la falsità. Cosí la notte successiva, seguito dal mio fido compare giravo tutti i cartellini delle camere sul nostro piano, dalla posizione "Do not Disturb" a "Admission Free", propiziando per le nostre connazionali la visita inattesa della donna delle pulizie: alle sei di mattina! Nel sentirle imprecare, qualche ora dopo, travolte dal piú brusco dei risvegli sentivo crescere in me un sottile senso di soddisfaziine. Cafone si, ma incredibilmente silenzioso.
Il day three ci vedeva calcare le scene di Lloret de Mar, la Rimini spagnola. Spiaggia con sabbia a grana grossa e onde fortissime, con noi che cercavamo di entrare in acqua e venivamo rigettati pesantemente arriva. Mentre i miei bermuda pieni di sabbia,tradivano una'ostinazione tutta personale ad andare controcorrente, una specie di barcone piombava in acqua alle mie spalle, facendomi stabilire un nuovo record dei cinquanta stile libero.
Abbandonate le velleità natatorie, dirigevamo le nostre energie verso il sociale. Interi eserciti di inglesi ubriachi marci da metà pomeriggio infestavano le vie di questa particolare cittadina ed uno di loro giaceva riverso in strada. Alla ricerca della redenzione, io ed M. ci avvicinavamo a lui per prestargli soccorso e dopo averlo scosso assistevamo ad una vomitata degna de "L''esorcista". Prosit.
E poi si andava a donne. Con esiti quantomeno dubbi:
-Primo assalto: birra offerta a due bionde teutoniche, due di picche secco e otto euro in meno.
-Secondo assalto: chiacchierata su divanetto con alcune tipe di Aosta, io di ritorno dal bagno incrocio M. che mestamente mi annuncia di aver piazzato la frittata e poco piú in là una delle due che,imprecando, maledice il nostro eroe reo di averle rovesciato una birra addosso.
La serata si chiude in bellezza, con D. che pizzicato a dar calci rotanti ad un lampione veniva malmenato dalla gendarmeria locale, io che a causa di un commento inelegante sfioravo la rissai con one big black men ed un ritorno in macchina dove abbiamo rischiato bellamente di finire giú da un cavalcavia. Ottimo insomma.
Comicamente, le mattinate erano scandite da un'evento imperdibile, la Gazzetta del D.
Lui usciva a comprarsela presto presto, andava in spiaggia da solo a prendere il sole e tornava in camera per leggersela tranquillo. Senza fare i conti con F., che da pessimo personaggio qual'è gliela fregava da sotto il naso e gliela ridava tutta stropicciata, mandandolo su tutte le furie. Solo che il Giovedí successivo non riuscivamo a capire dove fosse finito, dato che a mezzogiorno ne di lui ne della Gazzetta v'era ancora traccia. F. non si capacitava di dover cominciare la mattinata rinuniciando alla sua lettura preferita ed io, avevo una fame tremenda. Ad un bel momento la rivelazione: si era addormentato per cinque ore sotto al sole della spiaggia cittadina. Color rosso aragosta, febbre a trentotto e niente Gazzetta. Seguiva un conciliabolo durante il quale ci si rimpallava l'onere di cospargere il nostro infuocatissimo amico di doposole...sulla schiena...Omofobi com'eravamo ( e come siamo) ce la giocavamo alla morra, con F. che piú torvo che mai, incremava il grande ustionato con la grazia di un muratore che da la prima mano d'intonaco.
Aperta parentesi: las zapatillas de atletismo.
Ecco, mai andare in vacanza con uno che fa atletica leggera e cerca delle scarpe da runner. M. ce l'ha fatto fare per tutta Barcellona, con medie chilometriche da maratoneti keniani. Perchè nonostante i giochi risalissero a dieci e rotti anni prima per lui Barcellona era sempre città olimpica e le sue dannate scarpe chiodate valevano bene lo sforzo di percorrerla a piedi alla ricerca dell'ennesima tienda de atletismo, che peró tutto aveva tranne che quelle.
Nel corso della nostra missione da legionari romani, armati di pilum e bramosie di conquista, decidevo di risolvere la carenza femminile a modo mio, approcciando un gruppetto di tipe sulla Sagrada Familia.
"Ce ne fosse stata una decente!" commentava F. avvilito qualche sera fa. Sarà per questo che appena una di loro proponeva di andare a pranzo assieme, lui faceva valere i suoi 194 cm e mi allontanava a forza dal gruppetto in rosa.
Certe vacanze proprio non si scordano. Neanche volendo.