domenica 9 settembre 2012

Il malato immaginario

I matrimoni non si celebrano mai di domenica. Chissà poi perchè. Magari per le zitelle che per quel giorno voglio la chiesa libera, per i catecumeni della prima comunione o i cresimandi ante litteram. Fatto stà che supposizioni a parte sono stato invitato al secondo matrimonio in meno di un mese. Roba che neanche Hugh Grant o Vince Vaughn, tanto per citare due più o meno recenti trasposizioni cinematografiche. Il leit motiv corrispondeva grossomodo alla mia ultima partecipazione nuziale, con lui scemo ma non ricco e lei ricca ma non particolarmente avveduta nella scelta. Chiesetta della provincia lombarda, ubicata in uno di quei paeselli dal nome impossibile dimenticato da Dio e dagli uomini. Trattori che sfrecciano davanti alla chiesa, prete mezzo ubriaco alle undici di mattina e duecento invitati malamente assortiti: un discreto esercito di medici per lei, un nutrito elenco di agricoli per lui e tanti tanti parenti.
In questa storia io sono il ragazzo di una delle amiche, quello che prega Dio, Buddha e Allah in occasione del lancio del bouquet e dopo aver simulato un fasullo interesse per gli addobbi si fionda come un aquila sul buffet.
Ricapitolando. Sveglia alle otto, in pedissequa attesa che lei andasse e tornasse dal parrucchiere e loro, intesi come gli amici autoinstallatisi in salotto dalla sera prima liberassero il bagno. Doccia e colazione, con tanto di delizioso frappè preparato dal sottoscritto e mai abbastanza apprezzato dal pubblico in sala. A seguire la prima dolorosa scoperta: i nostri ospiti notturni sarebbero ripartiti subito dopo pranzo, ergo niente passaggio scroccato ed il sottoscritto costretto a fare una delle cose che odia di piú: prender su la macchina nel giorno di festa. Oh cribbio. Vabbè, chiave nel quadro, mettiamo in drive e la Wrangler parte, mentre mi arrivano oscure indicazioni su come arrivare al paesello, che al nostro arrivo ha un che di Silent Hill in salsa lumbard. Una vecchia, dall'aria allegrotta, mi fa cenno di parcheggiare nella sua cascina, azzerando le mie perplessità e la paura di essere rincorso, al ritorno, da un signore attempato con canotta e forcone.
Ci attende una chiesa addobbata a festa, a riprova del fatto che il papá della sposa è il ras del paese e per il fatidico giorno ha deciso di non badare a spese. La palma del peggiore, manco a dirlo se la becca prima dell'inizio il testimone dello sposo, fasciato in un abito color senape che grida ancora vendetta. Della cerimonia vedo ben poco, nel senso che lei mi abbandona su di una sedia di fronte a una colonna e lí mi eclisso, udendo a random qualcuna delle apocalittiche previsioni del prete alticcio. All'uscita, i rigidi criteri organizzativi della giornata mi fanno sobbalzare. Qualcuno si è preoccupato di redigere una mappa per trovare il castello dove si svolgerà il ricevimento, in versione sia grafica che testuale e non pago ha distribuito agli astanti "bombe" di riso e coccarde. Mentre mi riprendo da cotanto choc, abituato come sono all'organizzazione made at home delle nozze sarde, inizio a squagliarmi. Perchè il fresco di lana risulta esser tale nell'ombra di una chiesetta rupestre, ma molto meno confortevole sotto il sole cocente di mezzogiorno, soprattutto se gli sposini non si decidono a uscire. Partiamo, infine, con una gaia coppietta che si offre di guidare il resto della carovana negli intricati venticinque chilometri che ci separano dal rinfresco. Pessimo errore quello di affidarsi a quei due, che a senso dell'orientamento stanno messi come quel professore tedesco di nome Halzheimer. La strada si allunga di parecchi chilometri, coi nostri sprovveduti capicomitiva che costringono il gruppo a circumnavigare la provincia, con aggravio di fame e consumi. Alla fine peró si arriva lo stesso, col sottoscritto che nella foga di occupare un posto vicino all'ingresso rischia di arrotare un paio di bambini, che per inciso se la sarebbero meritata! Il posto merita, anche se non oso pensare quanto sia costato al ricco padre della sposa. Meraviglioso castello medioevale con giardino all'italiana e camerieri in livrea, che ci danno il benvenuto con un menú tanto insolito quanto disarticolato. Il preantipasto si compone di Focacia e Salame di Varzi(che adoro) Feta e Olive (che non disprezzo) Sushi (che tollero) e nouvelle cuisine (ossia pesce crudo con macedonia di frutta e verdura, che odio...). Inutile dire che una volta coinvolti nei miei loschi traffici un ortopedico ed un rianimatore mi piazzo davanti al tavolo degli aperitivi ed inizio a darci sotto, conscio del fatto che quel che seguirà sarà sul noiosetto andante e il giusto grado alcoolico mi consentirà una costruttiva accettazione degli eventi. Pagato il riscatto al fotografo e liberati gli sposi, alle ore 13 e 12 minuti primi del giorno del Signore 8 settembre 2012 ci si dirige (finalmente) verso la sala da pranzo.
Ogni tavolo aveva il titolo di un film. Giuro! Ed il sottoscritto stava seduto al "Malato Immaginario", con tanto di nome stampato in bella vista sulla locandina. Ripresomi dallo choc di una cosí perversa organizzazione, interiorizzato lo smacco di aver visto il tavolo "Amici Miei" ad una pletora di personaggi senza stile, iniziavo a dar corpo alla mia fama da mangiatore da competizione. Adoro il buon cibo ed il buon vino e, a dirla tutta, sono un convinto assertore del motto "meglio campar sazi che morire sani". Che poi data la massiccia presenza di medici in sala, farsi andare qualcosa di traverso non sarebbe stata una grande idea, perchè, litigando su chi e come sarebbe dovuto intervenire sul paziente avrebbero finito col causare il mio prematuro trapasso. Tre antipasti, altrettanti primi, due secondi e tris di dolci, il tutto condito da fiumi di vino e una certa noia. Perchè i medici sono simpatici i primi venti minuti e poi iniziano a parlare di medicina. Senza piú fermarsi. Cosí mentre la mia bella spiegava al suo gaio amico come infilare un catetere ad un vecchio ed il resto della tavolata sparlava di un collega che aveva caricato un certo filmino moolto personale sul web, io scambiavo frasi di circostanza con una tizia di Varese dagli occhi vacui. E mi rompevo solennemente los cojones. Tanto che tra un rosso ed un bianco trovavo delle somiglianze incredibili. Con lo sposo che sembrava il Dott. Chilton de "Il silenzio degli innocenti" mentre il fratello della sposa era pari pari al Trota Bossi. Tra i tavoli si aggirava anche un nano, inquietantemente simile al cattivo di "Austin Powers", probabilmente scappato dal giardino di un pervertito onanista dato che ad ogni passaggio dello sposo alzava il calice e proferiva solo e soltanto la parola Caxxxo. Inutile dire che il pranzo si protraeva fino alle sette e mezza di sera, col sottoscritto che prendeva a spallate una vecchia per accaparrarsi dei confetti, mentre un tristissimo cantante sulla sessantina, ingaggiato dai genitori dello sposo, scimmiottava penosamente Jim Morrison, che in tutta risposta, da qualche parte, si sarà rivoltato nella tomba.
Seguiva, il lancio del bouquet, con buonaparte delle amiche della sposa che schivavano il fatidico mazzo quasi fosse una granata mentre, tale Isabella, che piú realisticamente chiameremo Isabrutta, si esibiva in un triplo carpiato con avvitamento per acchiappare la sua falsa speranza quotidiana.
La storia del giorno finisce quí senza ulterori sussulti. Evviva gli sposi!

6 commenti:

  1. Io ai matrimoni mi annoio sempre. È una festa per gli sposi e i loro genitori ma un supplizio per gli invitati.

    Baci e buon lunedì!

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  2. Ti prego, scrivilo questo libro! Se metti dentro anche solo un pizzico di questa ironia, sarò la prima a comprarlo... Giuro.

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    1. Beh per te naturalmente ci sarebbero almeno dieci copie omaggio e dovrei farti scrivere almeno la prefazione :)
      Anzi, date le tue ben note doti da promoter sono sicuro del fatto che mi faresti sottoscrivere un ottimo contratto con la casa editrice!
      Ps I confetti sono veramente pessimi, non valgono un briciolo della fatica che ho fatto per conquistarli!

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    2. Ma come? Non andavano di moda quei confetti strafighi di gusti diversi? So di un matrimonio celebrato dalle mie parti in cui gli sposi hanno offerto agli ospiti qualcosa come trenta gusti diversi di confetti.
      Si vede che Sulmona è più vicina alla Calabria che alla Lombardia...

      Quanto al tuo spero non troppo lontano libro, voglio anche l'autografo!
      Buonanotte!

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    3. Fai conto che i confetti delle nozze precedenti arrivavano da Sulmona ed erano effettivamente un'altra musica... In entrambi i casi c'erano una miriade di gusti differenti, ma mentre i primi a prescindere dalla farcitura avevano un sapore divino, i secondi viaggiavano sulla via del peggioramento. Per darti un'idea quelli alla frutta sembravano degli Zigulí giganti andati a male... Mentre assaggiavo il secondo per tarpare il sapore del primo avevo un'espressione simile a quella del gatto di "Simon's cat" dopo l'infelice tentativo di leccare un rospo!

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