domenica 9 ottobre 2011

The Job's theory

Da anni indago senza successo sull'accellerazione che il tempo imprime a se stesso tra le 19.01 del venerdì pomeriggio e le 7.59 del lunedì mattina. Non hai neanche il tempo per rallegrarti del fatto che sia cominciato il weekend che subito, impietoso, il diabolico tintinnio della sveglia ti informa poco gentilmente che la settimana è ai blocchi di partenza. Questo è decisamente un periodo no. Troppo lavoro e troppo poco tempo per farlo. A volte mi sento come quel parente di Napoleone che a Waterloo, manco a dirlo, si era giocato un intero reggimento nel tentativo di espugnare una fattoria. Ecco, in questo periodo i miei assalti vanno tutti a vuoto. Ordisco complesse strategie, dispongo l'esercito in assetto da combattimento e parto alla carica. Solo che poi rimbalzo incredulo su un invalicabile muro di gomma e non ho nemmeno la possibilità di imprecare contro la malasorte. Sarà l'autunno? Sarò io? Questo è uno di quei giorni in cui mi interrogo con fare assorto sulle ragioni esistenziali dell'individuo, mentre mi risuona ancora nelle orecchie quell'idea di unire i puntini che il compianto Steve Jobs raccontava ai neolaureati di Stanford. Lasciarsi guidare dalla propria passione, essere "affamati e folli" e fare solo ciò che ci piace veramente. Questi i concetti chiave. Perchè la vita, secondo il vate di Cupertino, è un'intensa storia d'amore con noi stessi e solo assecondando le nostre inclinazioni più profonde possiamo  realizzarla appieno, al di là delle convenzioni e delle apparenze che la società vorrebbe cucirci addosso.
Davvero fantastico. Chiudo gli occhi e penso. Via da questa grigia cittadina, via
dal freddo, dalla nebbia e dallo smog. Compro un vigneto in Australia e me ne vado sulla west-coast a ritrovare me stesso, con otto mesi di sole all'anno  e l'irreale silenzio di un continente dov'è ancora la natura a farla da padrona. Potrei anche guidare un enorme pick-up che quì non riuscirei mai a parcheggiare e avere come migliore amico una versione riammodernata di Mr Crocodile Dundee...Ok, forse sto degenerando in senso cinematografico, ma il punto è proprio questo. Mi piace veramente la vita che faccio? E se la risposta è un si neanche troppo convinto cosa ci sarebbe da cambiare per migliorarla? Troppe cose. Perchè ogni cambiamento ha una sua malinconia, che consiste nel dover abbandonare una parte di noi. Con delle implicazioni difficili da affrontare, costituite dalle sovrastrutture che ci siamo costruiti negli anni: amore, amici e lavoro. A questo punto ti chiedi a che punto inizi il tuo diritto alla realizzazione individuale e dove potrebbero finire le aspirazioni e i sentimenti di chi ti sta accanto nel caso decidessi di portare a compimento la tua ricerca. Oppure un viaggio inizia proprio nel momento in cui uno decide di restare, capendo di avere delle più che valide ragioni per continuare la propria ricerca proprio nel punto in cui sembrava essersi interrotta? Jobs mi avrebbe risposto che i famosi puntini si possono unire solo guardando al passato e che qualunque sia la strada che sceglierò di prendere, la bontà del percorso sarà segnata dalla capacità che mostrerò nell'affidare le scelte importanti al mio cuore. Quindi, non senza una discreta quantità di punti interrogativi, caro Steve, voglio solo dirti grazie per aver reso la mia vita più semplice con le tue invenzioni e salutarti a modo mio, promettendo che per quanto possibile, non smetterò mai di cercare la strada per la mia felicità, in maniera affamata e folle.



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