martedì 25 ottobre 2011

Tu me souviens

Metti una sera  a cena tra amici. Che in fondo non è niente di speciale, se non una soluzione d'emergenza tra un aperitivo abortito, una domenica sera priva di punti qualificanti e un frigo desolatamente vuoto. Il fatto che la scelta sia poi caduta sull'unico posto aperto è un elemento accidentale, così come la circostanza che questa storia abbia come palcoscenico una città di 170.000 anime, dove se non proprio tutti conoscono tutti è quantomeno facile incontrarsi.  Capita poi in questi casi che per due giorni su tre, dopo alcuni anni si fa per dire di astinenza, trovi sulla tua strada quella persona che per un certo periodo aveva rappresentato un qualcosa di speciale nella tua vita, senza necessariamente assumere  una connotazione di imprescindibilità. Una ex, per farla breve, di quelle che  incontri e provi uno strano senso di disagio, come quando arrivi a una festa dove a malapena conosci il padrone di casa e hai il tacito onere di presentarti a tutti gli altri invitati, che dal canto loro faranno tutto il possibile per  rendere la cosa oltremodo imbarazzante. A questo aggiungerei che al primo involontario appuntamento col "passato" di due sere fa, sono giunto in compagnia della persona da cui al contrario, dopo quasi tre anni, non riesco proprio a prescindere. Ragione in più per analizzare i "SE" eventualmente connessi al re-incontro odierno, durante il quale ho notato un chiaro senso di ostilità, mascherato, peraltro piuttosto male, con una fredda indifferenza. Non che pretendessi di essere baciato e abbracciato come un familiare che ritorna a casa dopo anni passati in qualche sperduto angolo di mondo, ma allo stesso tempo mi lascia un pò perplesso il "quasi" scontro con una porta girevole nel disperato tentativo di evitare qualsivoglia contatto visivo col sottoscritto. Mi chiedo, cosa sia rimasto di me a tutte quelle persone che per un certo periodo, più o meno lungo, hanno fatto parte della mia vita e che un giorno, per comune accordo o scelta imposta hanno dovuto abbandonarla. Premetto che con Cri la faccenda ha una sua intima  complessità, forse perchè come tutte le cose che avrebbero potuto essere grandi è nata troppo presto e nelle circostanze sbagliate. Lei era esageratamente bella, empatica e impulsiva. Io quello di sempre, con qualche anno in meno e tanta immaturità in più. Le cronache raccontano che fosse reduce da una storia sbagliata con un tipo alternativo di nome Marco, immancabile protagonista degli excursus sentimentali di ogni ragazza italica  tra i 18 e i 25 anni. Correva l'anno 2003, biblioteca di giurisprudenza, mese di luglio. C'era  l'esame di diritto privato da preparare, un caldo pazzesco e il mio amico David a ricordarmi che la fuori ci aspettava la vita. A dirla tutta c'erano anche tre ragazze sedute nel tavolo accanto al nostro e quel vecchio volpone del mio compare non si era di certo fatto sfuggire l'occasione per abbordarle. La cosa lì per lì mi aveva anche seccato un pò, tutto preso com'ero dalla normativa generale dei contratti. E poi ero sufficientemente sicuro del fatto che come al solito, il tutto si sarebbe risolto in una straordinaria debacle, dopo una qualche tremenda gaffe del mio amico, un'autentica istituzione nella materia del "mettersi in ridicolo". Capita però che tra due oche giulive si possa anche trovare un'aquila, per dirla in termini puramente etologici. E mentre David mostrava alle pennute non volanti i risultati di anni passati a far dentro e fuori da una palestra, io volavo eccome, incrociando con quell'atipica ventiduenne le ali del mio pensiero. Ridevamo e commentavamo in maniera assolutamente dissacratoria i nostri improbabili amici, le loro posture, i discorsi assolutamente privi di contenuto. Lei mi trovava diabolico. Io la trovavo deliziosa. Passò una settimana, durante la quale avevo obbligato David ad uscire ogni santa sera con le amiche di lei, che al contrario pareva essere sparita nel nulla.  Nessun numero e nessun riferimento, la feroce determinazione di rivederla anche solo un'ultima volta e lo scomodo dubbio che Marco o chi per lui fosse tornato in pista. Una cosa va detta: non sono un uomo facile allo scoramento, io se voglio posso andare avanti per anni, sfidando la logica e l'evidenza, sostenuto dall'incrollabile volontà di raggiungere il mio scopo. Così, una settimana e molte manipolazioni dopo in un venerdì sera a caso, salendo su una  punto, avevo lo stesso sorriso di chi ha appena aperto la portiera di una ferrari. I più maligni sosterranno che  in entrambi casi, si sarebbe trattato sempre di mamma fiat, ma il mio gaudio era figlio di chi avevo trovato, a sorpresa, ad attendermi sul sedile posteriore. Da quella serata sono cambiate molte cose. Ho capito quanto possa esser bello anchilosarsi un braccio per permettere a qualcuno di dormirci sopra, che alcuni baci sulla guancia possono farti valutare l'idea di non lavare più il viso e che certe persone sono speciali e basta. Le cose tra noi sono andate avanti per un pò, tra alti e bassi,  come in quelle storie eccessivamente cerebrali dove, prima o dopo, finisci col pagare pegno a un destino che pretende concretezza. Non so se alla fine abbiano contato di più le differenze o le  reciproche similitudini, ma ho la certezza del fatto che tutti i problemi che lei si portava dietro, compresa una realtà familiare quantomeno complessa, abbiano finito col mettermi addosso una certa inquietudine. Seguivano un addio piuttosto scialbo consumato in una mattina di dicembre, una telefonata notturna che mi ricorderò finchè campo  e qualche infelice tentativo, da parte mia, di ricucire il rapporto. Così oggi, a distanza siderale dal nostro primo incontro, mi interrogo sulle ragioni dell'atteggiamento di questa sera. C'è ancora qualcosa che cova sotto la cenere? Oppure sono inconsapevolmente passato dalla categoria "ex cordialmente simpatici" a quella di "ex da odiare a tutti i costi"? Cosa resta di noi quando ce ne andiamo? Interrogativi destinati a restare senza risposte. Perchè nell'elaborare i nostri più profondi sentimenti spesso operiamo una selettiva negazione di tutti i ricordi che stridono con l'idea di lieto fine. Se è poi vero che quello femminile è un genere a parte allora  devo necessariamente piegarmi all'assioma cardine di mio nonno in base al quale " se l'uomo perdona e dimentica, la donna perdona soltanto..."

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