sabato 30 giugno 2012

Caleche.

Oggi ho pensato alle tue mani. Mani forti, mani belle. Quando ero piccolo mi stringevano a te e forse, in parte, anche all'idea di noi. Al tuo profumo che sapeva di Place Vendôme, al foulard di seta con disegnati gli arabeschi e a quel tuo modo di essere semplicemente straordinaria. Te ne sei andata dopo avermi salutato in tutta fretta, stroncata piú dalla cura che dal male.  Avrei voluto dirti che non era giusto sparire in quel modo e che oltretutto, stavi lasciando  dietro di te troppe questioni irrisolte. Ma in fondo alle feste eri sempre quella che andava via prima ed hai deciso che fosse meglio fare cosí anche in relazione alle nostre vaghe esistenze. Le nostre, appunto. Perchè la tua di vita è stata dipinta usando dei colori forti e accesi. Rosso, arancio e viola. Avrei bisogno di un abbraccio stasera, di quelli che mi regalavi dal vivo o per telefono quando mettevo il broncio per qualche cosa stupida. Magari anche di una bella strigliata perchè so, di certo, che il vedermi con gli occhi lucidi in questa casa disgraziatamente vuota non ti avrebbe proprio fatto piacere. Poi magari avremo anche potuto litigare, per le mie decisioni azzardate prese nel corso di quest'ultima convulsa settimana, per aver creduto che certe persone potessero cambiare e, infine, per essere arrivato al tuo capezzale con colpevole ritardo.  Certe mattine immagino di vederti entrare in camera mia con il caffè, estremo e malcelato tentativo di risvegliarmi da un radicato e atavico torpore. Chi mi dirá che son pigro, adesso? Chi metterà a freno ai miei eccessi emotivi? Chi si prenderà cura di papà? Mi sento un pó come da piccolo, quand'ero a casa dei nonni con la febbre e tu tardavi ad arrivare. Sapevo che l'attesa sarebbe valsa un sorriso, un regalo e una carezza e che da quel momento in poi le cose sarebbero andate decisamente meglio. Ma so che stavolta non arriverai da me. Eppure mi piace pensare che da qualche parte mi osservi, magari disapprovando tre quarti del mio operato, ma raccontando a chi ti sta accanto che sono la perfezione fatta figlio. Mi resteranno impresse le tue ultime parole e quegli occhi, che per una notte hanno cercato di dirmi addio. Ricordati che ti voglio bene. Ricordati che parleró di te solo al presente. 

6 commenti:

  1. Un bellissimo post. Molto delicato e nostalgico.

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  2. Emozionante, davvero.
    Gli unici distacchi che finora ho vissuto sono stati quelli dai miei nonni. Erano anziani,ma non ci sarà mai una ragione sufficiente che giustificherà la grande assenza di chi ci ha voluto bene.
    E ogni tanto anche io li ricordo tramite parole scritte, specialmente quando mi mancano in modo particolare, quando sento la loro assenza talmente tanto forte che mi sento quasi soffocare.

    A presto.


    ps: procedura penale? Allora siamo (stati) quasi colleghi. Desumo che tu abbia finito già da un po'.

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  3. La cosa peggiore in questi giorni è il silenzio quasi surreale di questa grande casa ed il generale senso di vuoto che mi sento addosso ogni qual volta mi capita tra le mani qualcosa che lei aveva deciso di mettere da parte in vista del mio arrivo. Allo stesso tempo poi, il fatto di essere fuori casa da circa dieci anni mi lascia addosso l'amaro rimpianto di aver sprecato un sacco di attimi che avremo potuto trascorrere assieme e, nello stesso tempo, la consapevolezza che il distacco creatosi a causa della distanza sia stato una piccola ancora di salvezza in mezzo a tutti gli eventi che si sono rapidamente succeduti nel corso delle ultime settimane. Sembrerà banale, ma io sento la sua presenza nelle piccole cose e di tanto in tanto ho la bella sensazione che in qualche modo mi aiuti a rimettere insieme i pezzi del puzzle, soprattutto quando i ricordi riaffiorano tutti assieme e fanno male.
    Mi sono laureato nel 2008, ma la nostalgia di quegli anni è ancora forte. Sarà che rivedere in Tribunale ex compagni d'università ingiaccatti ed incravattati o peggio, con una toga addosso, mi lascia nella pancia quella fastidiosa sensazione del tempo che passa per non ritornare.

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  4. Io penso che le persone che ci vogliono bene non ci lasciano mai. Siano esse in vita o meno. Non è questione di fede, religione e cose simili (anche perchè io sono la persona meno adatta per parlare di questi argomenti), è che la vicinanza non deve per forza essere fisica. Quella fisica è solo la più evidente, forse la più scontata.
    Immagino che queste parole te le abbiano dette in tanti. A volte più che una consolazione, può apparire come una presa in giro. Però nonostante ciò, io la penso così. E forse sto meglio.

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    1. Isabelle Allende nelle ultime pagine di "Paula", il libro che raccontava la lunga malattia e la scomparsa della sua giovane figlia, diceva che la morte ha come principale inconveniente quello di rendere più difficili le comunicazioni. Ma non interrompe il rapporto d'amore e di empatia che hai con una persona.
      Quindi hai profondamente ragione. E anche se è vero queste parole me le hanno ripetute in tanti, sei la seconda persona dal funerale ad oggi ad averle pronunciate credendoci sul serio. Ed oggi come allora mi sento sollevato, come dopo un bell'abbraccio. Grazie.

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