mercoledì 23 maggio 2012

Voce del verbo correre.

La risposta a tutti i problemi, a volte, consiste in una sana dose di fatica, qualcosa che eviti alla mente di pensare e stressi il fisico quel tanto che basta per chiudere occhio la notte. Inizio di settimana nerissimo il mio, pieno di fantasmi e fitte allo stomaco. Così, stasera, piuttosto che restarmene in casa a guardare il soffitto rimuginando su tutto quello che di brutto mi potrebbe capitare, ho deciso di andare a correre in Cittadella. E' uno dei parchi più rappresentativi della città, quantomeno perchè un non meglio precisato generale francese aveva opposto, all'interno di questa fortificazione, una strenua resistenza all'invasore austriaco. Data la conformazione militaresca della struttura la linea di confine tra una corsa hard e una soft è segnata dalla decisione o meno di includere nel proprio percorso i bastioni. Stante un'innata tendenza alla sopravvalutazione dei miei mezzi decido di affrontare oltre all'anello perimetrale anche tre dei quattro bastioni esterni, in barba al mio pessimo stato di forma ed alla decisa probabilità, che domattina, avrò bisogno di un deambulatore anche solo per potermi alzare dal letto. I primi metri vanno sempre via lisci, come la fase di allegra empatia che fa da corollario alle peggiori sbronze. Poi inizio a sentire il corpo che si ribella, come una nave rimasta in porto per troppo tempo che proprio non ne vuol sapere di prendere il largo e lancia minacciosi segnali a ritmo alternato. Nel senso che esaurito il dolore al polpaccio inizia  a farti male la milza e così via, in un'escalation di sinistri cigolii post pigrizia invernale. Questo non fa altro che acuire il senso di disagio nel momento in cui un sessantenne che si preparava non so per quale maratona, mi supera in scioltezza, staccandomi di almeno cento metri nel giro di 50 secondi netti. Passano in sequenza altri personaggi, ancor più infervorati, che si allenano in gruppo facendo il verso a un famoso spot della BMW di qualche anno fa. Le preoccupazioni si mischiano alla musica che mi pulsa nelle orecchie e si perdono nell'aria, evaporando sottoforma di sudore e respiri sempre più intensi. Lo stop me lo da un gruppetto di pensionati adagiati su di una panchina, poco prima dell'area di sgambamento dei cani. Di buono c'è che per venti minuti sono riuscito a non pensare, limitandomi a confondere i miei occhi tra il verde delle piante e le sagome dei podisti. Le preoccupazioni restano nella testa e nello stomaco, ma ho accumulato una positiva dose di stanchezza. Magari stanotte riuscirò anche a dormire...

1 commento:

  1. Io stanotte ho dormito come un ghiro, ma dopo un venerdì a Venezia su e giù per i ponti non avrei potuto non dormire!

    Un abbraccione

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