giovedì 4 aprile 2013

Svisti e Ri-visti

Le domande destinate a rimanere senza risposta trovano talvolta soluzione in una qualsiasi giornata di pioggia. Solito ritorno a casa per le vacanze di Pasqua, con annesse le vagonate di noia correlata alla vita del paesello, roba da spararsi sulle palle o qualcosa di simile.
Va da sè poi che il tempo, inteso come l'interminabile ticchettio delle lancette del mio Hamilton vada in qualche modo impegnato, magari facendosi un pó di fattacci altrui, tanto per non perdere le cattive abitudini.
Via Grazia Deledda a parte il nome ha ben poco di poetico. C'è un palazzone cadente dove una volta alloggiavano i dipendenti della banca, un armeria in disarmo ed un paio di studi medici. E'anche l'itinerario piú breve tra casa mia e quella di mia nonna, ragion per cui la percorro almeno due volte al giorno, rigorosamente a piedi e con la malinconia del posto addizionata alla debole luce dei lampioni. La piú nuova (o meno vecchia, a seconda dei punt di vista) delle palazzine che costeggiano la strada ha un prato incolto e due grossi balconi dalle tende trasparenti, dietro alle quali da dieci anni a questa parte, si staglia un personaggio ai limiti del surreale. Lo chiameró l'uomo che beve, stante il suo simbiotico rapporto con un frigorifero a doppia porta. Mattina, sera e notte: ad ogni mio passaggio lui è sempre lí, nella plasticità di un movimento ripetuto piú e piú volte a sorseggiare non so che davanti alla porta del frigo socchiusa. D'estate mutandato e d'inverno pigiamato, insensibile al trascorrere del tempo ed al fluire degli eventi il mio personalissimo Godot sembra indefinitamente cristallizzato nel gesto di assumere liquidi,destinato a non raggiungere mai la televisione che dal fondo della stanza illumina la sua non storia di colori cangianti.
Per un certo periodo ho pensato che si trattasse di un manichino, salvo poi constatare, dopo attenta analisi, che il nostro svolgeva un seppur limitato numero di attività che implicano il movimento.
Fatto sta che stamattina me lo son ritrovato di fronte, proprio mentre usciva di casa, tanto che mi sarei voluto fermare per chiedergli un'autografo. Tuttavia, a ben vedere, il fatto stesso che avesse varcato la soglia dell'ingresso implica un'inevitabile caduta del mito legato all'uomo intrappolato tra cucina e terrazza.
Quest'uggiosa settimana pasquale si è chiusa poi con una di quelle ricorrenze che cordialmente detesto, il pranzo di leva 1982. C'è un gruppo di indomiti sadici dietro questa cospirazione enogastronomica che si ripete immancabilmente da almeno dieci anni a questa parte. Gente che se ne sta inumata per il resto dell'anno e poi sbarabam, prima ti spiattella un invito si Facebook e poi viene fisicamente a prenderti a casa dei tuoi, appena torni al paesello natale per le cosiddette feste comandate. Ci si incontra un bel bestiario umano, tipo l'ex bullo delle elementari, il due di picche delle superiori o il tizio che alle medie pigliava un sacco di botte da chiunque, quasi fosse uno sport nazionale. Quest'anno dopo quasi dieci anni di biechi svicolamenti, sono stato intercettato dalla figlia dei vicini di casa, una di quelle che tra i 15 ed i 20 ha avuto la metamorfosi da cessa a gnocca ed ora sfrutta lo slancio.
Il fatto che l'evento fosse organizzato dal mio arcinemico della squadra di baket trovava la sua sublimazione non appena arrivavamo nel posto destinato ad essere la location dell'evento, uno sgangherato fienile nel cuore della barbagia che qualche incoscente aveva deciso di chiamare agriturismo. Fortunatamente, anche il cibo era di dubbia qualità.
Il brutto di certe situazioni è che poi ti tocca pure socializzare, e si sa che se tanti anni prima avevi deciso di lasciare il paesello limitandoti a tornarci il meno possibile era perchè, quelli che ti mandavano le balle in giostra come dire...proliferavano...
Il mio arcinemico ai tempi del basket si chiama Davide ed ora come allora conserva l'espressione scimmiesca da sgherro di Don Rodrigo. Il fatto che al tempo io giocassi nella squadra sponsorizzata dalle Coop e lui in quella delle suore la dice lunga sul personaggio. Guardia lui, ala io, uno a minacciare e l'altro a provocare. E se citavo quella gran donna di sua sorella riuscivo sempre a prendere il fallo. Ci salutiamo, con la tipica ipocrisia di chi finge di essersi dimenticato all'improvviso di anni di giovanile e malcelato disprezzo. Dopo si passa ai convenevoli di rito, con me a raccontare che faccio l'Avvocato in quel di Mailand, che c'è crisi e che l'anno appena cominciato non sembra poi cosí meglio di quello appena finito. A un certo punto ho quasi la sensazione di essere come un virus benigno, perchè tutte le mie vecchie fiamme di medie e superiori, che al tempo non erano affatto male, sembrano non essersi giovate della mia assenza. Una fa la parrucchiera ed adesso si è inquartata, roba che le ci vorrebbero le luci d'ingombro ed il cartello di carico sporgente, mentre con la leggiadria di un ippopotamo zompetta ai lati della sala. Un'altra ha i brufoli, tanti brufoli, tipo spot del topexan o qualcosa di simile. Quando mi dice che i trenta se li sente tutti addosso ed io la stoppo dicendo che sembra ancora quindicenne, si rabbuia e non parla piú. Adesso peró voglio raccontarvi di essermi tolto due grosse soddisfazioni, in maniera del tutto inaspettata. La prima nel constatare che il figo delle medie, quello che concupiva le piú belle lasciando a noi poveri scemi solo le briciole, era incontrovertibilmente rimasto uguale a se stesso. Che a quindici fa figo ma a trenta decisamente sfiga. Pettina da Zack Morris from "Bayside School" guardaroba attinto a piene mani dagli anni novanta e tre litri e mezzo di dopobarba tipo zampirone. Tra l'agghiaciante ed il meraviglioso, a seconda dei punti di vista. Poi, lei. Dolorosissimo due di picche targato 1993, dopo un anno a condividere lo stesso banco. Bella ora piú di allora, sofisticata ed eterea, ora fa la stilista. Si interessa, chiede, parla, racconta. Per un'oretta buona sembriamo in sintonia su tutto. Finchè lei non mi fa "Ricordi che bello quando eravamo nello stesso banco?!" Ed io "Oddio, per te non di certo..." Al che lei "Cosa vorresti dire?!" Respiro profondo del sottoscritto, occhiata diabolica che tenevo in caldo da non so quanto e giú con bel muro di ghiaccio "Se ti ricordi, io ci provavo con te e avevi detto che piuttosto che dirmi di si avresti preferito bruciare all'inferno..." pausa "Poi se proprio se vogliamo mettere le cose in chiaro dopo l'ora di educazione fisica mi avevi additato dicendo che puzzavo come un caprone!"
La conversazione è spirata tra il suo bellissimo viso attonito ed il mio cellulare che squillando intonava le note dell'Imperial March di Star Wars. Lato oscuro della forza o no, trovavo una sublime colonna sonora per accommiatarmi.

6 commenti:

  1. Avrei pagato il doppio di un biglietto del cinema per gustarmi dal vivo la scena finale di questo tuo post. Di certo avrei riso fino alle lacrime al momento dello squillo del tuo cellulare. La vendetta, se così vogliamo chiamarla, è un piatto che va gustato freddo.
    Le rimpatriate con gli amici delle scuole tutto sommato mi piacciono, sono controcorrente su questo. Rivedo con piacere i compagni del liceo, un po’ meno quelli delle scuole precedenti. Ecco, se invece mi proponessero un incontro con quelli delle elementari, mi darei subito per malata/in coma/in fin di vita.

    … Ma giocavi davvero a basket?!

    La prima parte del tuo post mi è piaciuta particolarmente: la descrizione delle strade, del tipo strano, i piccoli particolari dell’ameno paesello in cui sei cresciuto. Sembravano le pagine di un bel libro.

    Come va la tua vita? Migliora rispetto ai primi mesi dell’anno?

    RispondiElimina
  2. La cosa che maggiormente mi indispone di questi pranzi di classe è che si è sempre divisi in cerchie, dove gli unici che si divertono sono i pochi integralisti rimasti nel paesello e gli altri al contrario si rompono gli zebedei. Ci si sente quasi sempre degli estranei, salvo al momento di pagare il conto, quando tutti diventano particolarmente solerti e amichevoli nell'esigere la tua quota. Ebbene si Chiara mia, giocavo a basket e non ero neanche particolamente gramo come lo sono a calcio e a tennis. Solo che mi sono fermato a 178cm ed aun certo punto era diventato particolarmente difficile non farsi murare.

    RispondiElimina
  3. Questi eventi mi hanno sempre saputo di tragicità fantozziana. Fin dall'ultimo giorno di quinta superiore le ho sempre temute, le maledette cene tra ex compagni. Poi, dopo qualche anno ho scoperto una cosa meravigliosa: le cene di classe le hanno sempre organizzate, ma senza di me, perché stavo sul cazzo a tutti. Mai stata così felice. Mi hanno invitato una volta quelle che nella classe erano le sfigate (ci fosse stato Glee ai tempi, saremmo state "cool", ma così non era) per una cena appunto, tra reiette. Ho declinato anche loro.
    La scena della tipa coi brufoli che si sentiva dire di sembrare ancora una 15enne sarebbe stata fantastica da vedere, comunque. Il dramma!

    RispondiElimina
  4. Hai fatto dannatamente centro! Ogni maledetta volta che mi invitano sento rimbombare nelle mie orecchie la frase "Organizzazione Filini!!!" tanto che fosse stato previsto dal menú avrei posto fine alle mie sofferenze ingurgitando un bel Tordo intero!;)
    Pensa poi che la mia brufolosissima conoscenza organizza eventi. La mia mente bacata continuava a figurarsi la scena di un qualche responsabile delle relazioni esterne della società X che mentre contratta con lei viene colto dall'irrefrenabile tentazione di schiacciarle un brufolo grosso come un soviet che se ne stava proprio in piena fronte.

    RispondiElimina
  5. Che bella scrittura fluida e brillante!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie oltre che per il complimento anche per essere passata di quí ;)

      Elimina