martedì 30 aprile 2013

Tradizioni, carissime tradizioni.

I miei occhi carichi terrore e rassegnazione corrono tra le colonne del foglio excel dedicato al mese di Aprile, martoriato da capitoli di spesa fino a qualche tempo fa inimmaginabili.
Quest'anno solare mi cuccherò qualcosa come cinque matrimoni, con buonapace dei propositi d'austerity maturati tra la fine del 2012 e l'inizio del nuovo lustro. La palma d'oro dello sperpero sento di doverla assegnare a C. che in meno di un mese ha deciso di condensare laurea e nozze, infilando in mezzo a questo meraviglioso ensemble di regali anche un sontuoso addio al celibato, con tanto di gara dei Go-Kart a spese degli amici più stretti.
Tradizione vuole che ogni laurea sia celebrata con una sbronza in pompa magna, di quelle con ingresso leonino la sera prima e modalità zombie nel day after. Peccato che nonostante la certificazione anagrafica dell'età della ragione, non siamo ancora in grado di capire che i margini di recupero rispetto ai nostri anni ruggenti si siano drammaticamente  ridotti.
Del regalo si occupa immancabilmente F. che  vanta una convenzione occulta col Mediaworld o, alternativamente, con lo store di Ralph Lauren. Per i compleanni compra una polo, maniche corte o lunghe a seconda della stagione, per le lauree qualche gadget ad alto contenuto hi-tech o presunto tale.
Stavolta, dopo un breve e concitato gabinetto di guerra la scelta è caduta su di un tablet "pure Google experience" perché la roba di mamma Apple costava decisamente troppo e matrimonio ed addio al celibato divoreranno altri soldi. Nemmeno un pacchetto regalo, per il povero festeggiato, ma solo una busta (riciclata) proveniente -manco a dirlo- dallo Store di Ralph Lauren. Questa però è un'altra storia.
La mia comincia alle cinque di pomeriggio di un sabato di fine aprile, con una cronica indecisione tra giacca grigia e blazer blu e centotrenta chilometri d'autostrada da fare under the rain, sulla Jeep che più vintage non si può ed un ritardo, per così dire cosmico. I mezzi con trazione posteriore e ponti rigidi non sono fatti per andare in autostrada sotto la pioggia, a meno che chi li conduce non sia amante delle emozioni forti. E questo non è il mio caso. Fatto stà che sui curvoni praticamente si naviga, strambando con lo sterzo e percependo una sottile vocina che ripete "Ehi ciccio sorridi, stai per vedere un sovrasterzo!"
L'appuntamento, con gli altri, non poteva che essere in piazza nella mia vecchia e amata città un'ora e mezza dopo.
Il protocollo esige che il neodottore scelga una delle quattro strade che da lì si dipartono ed inizi a battere a tappeto tutti i bar, pub ed enoteche, finchè non si approssimi uno stato neurovegetativo che i più sono soliti chiamare coma etilico. Ai tempi d'oro c'era anche la tradizione di smutandare il poveretto e truccarlo o, come accaduto al sottoscritto, costringerlo a girare per il centro con un bambolo gonfiabile. Ma adesso si sa, siamo persone adulte e rispettabili e certe cose non ci sogniamo neanche di farle. La scelta è poi caduta sulla via dei fighetti e della movida, tanto perchè se devi fare l'asino, almeno vai dove puoi scandalizzare qualche perbenista. C'è sempre un mix di arroganza e circospezione nel momento in cui si cerca il primo locale da cui dare il via a certe serate. Via Farini è qualcosa di simile ad un piccolo fiume, che terminata la prima fila di portici fà una specie di curva dell'addio alle feste, segno eloquente di un'interruzione seppur temporanea dei locali coi tavolini all'aperto



Che sia estate od inverno la strada inizia a brulicare d'umanità verso le sei e mezza, nella celebrazione di un rito dell'aperitivizzare che a certe latitudini è molto più apparire che essere. Ogni locale ha una sua piccola storia, che in qualche modo lo caratterizza. C'è l'enoteca di chi vuole darsi assolutamente un tono, dal nome spagnoleggiante e con delle botti al posto dei tavolini. Quasi di fronte la pizzeria-lounge-bar di un ex personaggio quasi famoso, meta ideale di tutti quelli che con assoluta ineleganza, cercano con risolutezza le luci della ribalta. Poi due ristoranti-gioiellerie, di cui uno con vista cucina sulla via affollata. Le facce in quest'angolo di mondo sono sempre quelle. Comparse non pagate di uno spettacolo destinato a ripetersi immutabilmente uguale a se stesso. Da dieci anni sostano nello stesso locale, sullo stesso tavolo e sorseggiano lo stesso drink, con la sedia a favore di pubblico ed un suadente saluto in canna per chiunque osi guardarli. Al sesto o settimo ciao optiamo per l'enoteca più antica della via, dove trovi ancora degli over 70 duri e puri dal naso rubicondo e dalle transaminasi alle stelle. Prima rosso, poi di nuovo rosso e poi prosecco. Quando andiamo a riporre i calici, anzi che dirigerci verso il bancone, traditi da M., prendiamo tutti la via di una piccola mensola attaccata al muro d'ingresso. La cameriera ci guarda strabuzzando gli occhi e farfugliando un bel "maccheccazzz" alla solerte collega che annuisce.  E' in quei momenti che alle persone come me vengono le cosiddette idee del piffero. Perchè l'innato altruismo, unito al senso di "ok, si può fare" indotto dal terzo bicchiere causavano in me dei pessimi propositi, palesatisi con:
1) sorriso ebete nei confronti delle due ladies dietro al bancone;
2)frase di biasimo nei confronti dei miei compagni di bevuta;
3)afferramento selvaggio di ben otto calici a stelo lungo e successiva scena alla Matrix.
Perché, a pochi metri dalla meta, ho sentito che almeno due degli otto calici covavano insani propositi di secessione dal resto del gruppo. Al che, con doppio carpiato in avanti con triplo avvitamento, riuscivo a lanciare tutti i calici sul bancone senza romperli. Le cameriere mi lanciavano delle occhiate assassine, ma nel mio profondo, ero consapevole di aver sfiorato (sfangandola) la figura di merda del secolo.
La serata proseguiva in una Rhumeria, dove, oltre a coadiuvare l'apparato digestivo con un simpatico effetto minipimer, iniziavamo a diventare decisamente rumorosi e molesti, causando una malcelata disapprovazione da parte degli astanti. Arrivati a questo punto meriterebbero un cenno anche le rispettive "dolci metà", che molto poco dolcemente ci fulminavano con occhiate di biasimo ed impotenti di fronte alle nostre ormai lapalissiane intemperanze, fingevano bellamente di non conoscerci.
Il neodottore alias novello sposo è un personaggio tutto d incorniciare. I modi e le fattezze fisiche ricordano in tutto e per tutto Peter Griffin. In due parole il classico animale da festa. Quello che si sbronza per primo e tornato a casa viene colpito, inesorabile, dalla maledizione di Sboccamen... Come per ogni pinocchio che si rispetti ha il suo personalissimo Lucignolo, impersonato senza alcun dubbio da M.. Ecco, M.. Chiamiamolo pure "Consilium Fraudis" tanto per fare incetta di brocardi latini. Calzamaglia rossa, forcone  e coda, lui è l'amico che paziente ti indica una via lastricata di buone intenzioni, che se non conduce all'inferno ti guida diritto verso qualche figuraccia epocale. 
Memorabile la scena in cui, ai tempi di un viaggio a Rodi, dopo che A. aveva agganciato un gruppetto di sicule, lui si presentò alle fanciulle sentenziando "Oh ragazzi, ma quì è pieno di terr...." La frase non riuscì a finirla, perchè qualcuno di noi gli aveva irato un calcio sotto il tavolo, subodorando la gaffe, ma le tipe se ne andarono lo stesso inviperite. La cosa divertente è che passò il resto della giornata ad accusarci di aver ingigantito l'accaduto, asserendo che peraltro a suo giudizio ci aveva meritoriamente liberato da cinque ragazzette orrende. 
Abbandonando però le digressioni storiche e tornando al passato più recente, il tanto sospirato arrivo in ristorante assomigliava drammaticamente allo sbarco in Normandia. Noi sempre più ciucchi e le nostre dolci metà sempre più arrabbiate. Uno dei peggiori effetti collaterali dell'alcool sulla mia già pessima soggettività è quella di farmi biascicare i cognomi già nella fase di allarme 2 (quando, per intenderci, passi da   leggermente sopra le righe a simpatico come un gatto appeso agli zebedei..). Così, il nostro simpatico quintetto allietava un'esterrefatta cameriera,  con improbabili ricostruzioni del cognome del festeggiato, impedendole di comprendere a nome di chi, poi, fosse stato effettivamente prenotato il tavolo. Da lì in poi i miei ricordi si fanno confusi, nel senso che il bicchiere ed il piatto continuavano a riempirsi e la mia lucidità a scemare. Le cronache narrano che sia finito per sbaglio nel bagno delle donne, meravigliandomi di quanto fosse pulito e che abbia persino abbattuto un cameriere, arretrando molto poco delicatamente con la sedia. Ricordo solo a sprazzi (ed aggiungerei grazie al cielo) un interminabile pippotto di A. su un nuovo sport estremo che ha iniziato a praticare ed il cane di F. che prima di entrare in casa sua.
Per cronistoricizzare: la serata era morta mezz'ora prima quando, entrando nel pub che avrebbe dovuto introdurci alla fase 2,  abbiamo optato in massa per una tristissima coca-cola, accomiatandoci con un tristissimo "non ce la facciamo più". Quella stessa notte la mia camera smetteva di girare troppo tardi e la mattina, al contrario, giungeva troppo veloce. Sono vecchio per queste cose ormai. Maledette tradizioni!

4 commenti:

  1. Io dribblo cautamente ogni tipo di evento tipo matrimoni & co, e grazie al cielo nessuno dei miei amici si è laureato altrimenti sai la tragedia.
    However, le serate alcoliche sono un bene e si fanno, anche se non si festeggia niente. Anche io, ultimamente, inizio a notare che vacillo un po' prima di quanto facessi a 20 anni. Fingo elegantemente il nulla mentre barcollo, però :D

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  2. Insomma, anche tu hai un fegato da marinaio delle molucche ;)

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  3. Al tramonto dei miei ventidue anni, penso che l’unica serata alcolica degna di nota che ho fatto in vita mia sia successa l’anno scorso. Eravamo all’estero, faceva freddo, si beveva molto lì. Sono riuscita a diventare un po’ brilla, un po’ su di giri. Non reggo benissimo l’alcol, penso che non ci vorrebbe molto per ubriacarmi del tutto. Di quella serata ho ricordi sbiaditi di grandi risate stupide e di un amico trentenne un po’ sfigato che ci provava senza riuscirci. Per la serie: neanche l’alcol può.
    Forse sono molto “nonna” per certe cose, forse non so neanche divertirmi per bene come fanno tutti i miei coetanei. Forse sono semplicemente troppo tranquilla per riuscire a fare serate del genere.
    Forse, boh, chissà.

    Penso comunque che sia stato divertente vederti conciato in quel modo, soprattutto vederti uscire dal bagno del donne con la faccia interrogativa e lo stupore della grande pulizia.

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  4. Anzi, direi che è un fatto estremamente positivo. Intanto hai la c.d. sbronza parsimoniosa ed in caso di necessità (rispetto a personaggi come il sottoscritto) risparmieresti un sacco si soldi. Poi, insomma, nel mio personalissimo immaginario sei troppo surreale e trasognata per abbassarti a certi livelli da bad girl. Quando cerco di immaginarti ti colloco sempre nei luoghi dei ricordi, come il laghetto dietro la casa in campagna dei nonni o il molo dei pescatori vicino alla casa al mare.
    Insomma, non cambiare, per quanto mi riguarda vai benissimo così!
    PS con una badgirl non potrei certo fare discorsi esistenziali ;)

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