lunedì 23 luglio 2012

Chiamiamole soddisfazioni

Prima o poi tornano tutte, le donne, raccontava sornione tale Andrea, un personaggio assurdo in puro stile "Milano da bere" che si aggirava tra i corridoi della facoltá qualche anno or sono. Solo che non specificava come o sotto quale forma, queste ex o presunte tali, finite per qualche motivo nel dimenticatoio, facciano il loro ritorno sulla scena.
A 23 anni avevo un amico di nome David, che si comportava da predatore sessuale con qualsiasi tipa dotata di funzionalità respiratorie primarie, un'amica di nome Diletta, gnocca e matta come un cavallo ed un seminario di medicina legale da portare a termine in vista dell'esame. Ahimè, tale incombenza, consisteva in un'autopsia. Il fatto che poi fossi andato a vantarmi di questa cosa con David, il quale aveva deciso di presentarsi la mattina seguente all'istituto di medicina legale assieme ad una biondina slavata che tampinava quel periodo, pur senza essere iscritto al corso, è un evento del tutto trascurabile. Quantomeno perchè effettivamente quella giornata prenatalizia, ognuno dei partecipanti al corso aveva deciso di portarsi dietro qualcuno per assistere all'autopsia, in una sorta di delirio tanatologico generalizzato. I piú fortunati si erano presentati con la morosa, i meno saggi con colei che speravano lo sarebbe diventato e gli indecisi avevano girato l'invito ad amici/coinquilini.
Io, che per natura sono anticoformista, dopo che tutti quelli che conoscevo avevano optato per invitare tizia o caio a questo pseudo splatter in 3D, alla fine mi ero fatto accompagnare dalle due persone piú brillanti e fascinose che conosca: me e me stesso.
Ad accoglierci, una sorta di Jason Myers in salsa emiliana, che dopo averci disgutato raccontandoci di aver appena assaggiato qualcosa che arrivava dalla saletta in cui di lí a poco saremo entrati, ci mostrava orgoglioso i ferri del mestiere.
Quel che ne seguiva era abbastanza bizzarro. Perchè mentre l'anatomopatologo iniziava a sezionare quel poco che restava di un povero vecchietto finito sotto un'auto, una buona metá dei presenti, iniziava a svenire o a dare di stomaco. La bizzarria, appunto, era rappresentata dal fatto che a cadere per primi fossero stati gli studenti di medicina, mentre noi giuristi al contrario, mantenevamo una certa soliditá di stomaco. Ma non di nervi. Tanto che tale Maurizio da Mantova, dopo una battutaccia sul tiramisú, nel vedere la calotta cranica del vecchio scoperchiata, si appoggiava alla porta d'ingresso ed andava giú in verticale, sotto lo sguardo attonito della morettina con cui intrallazzava. David, impassibile, continuava a fare il maniaco con la biondina, incurante del fatto che l'alito della stessa puzzasse ben di piú del cadavere che avevamo di fronte. Io mi annoiavo. E a dirla tutta trovavo terribilmente ingiusto che tutti tranne me avessero qualcuno con cui interloquire. Poi ho visto lei. Che stava per dare di stomaco come metá degli astanti, ma era bella al di là di qualsiasi definizione, anche con una mano sulla bocca ed il viso stravolto. Occhi e capelli corvini, pelle di porcellana ed un generosissimo decolletè. Io ed i miei ormoni ci eravamo rimasti secchi. Seguiva un approccio, tenero e goffo come puó essere solo quello di un ventunenne venuto dal paesello con una ragazza di città, per giunta piú grande di lui. A distanza di anni ci rido un po sú, se ripenso a quella situazione. Cosí come quel giorno interpretavo i suoi spasmi da nausea come risate alle mie brillanti battute, nei mesi seguenti mi sarei incapponito a credere di poter ottenere da quella ragazza una lunga e meravigliosa storia d'amore. Ma cosí non era. Perchè Alice era una profumiera (termine particolarmente in voga al tempo per indicare una che -cit- "te la fa annusare senza dartela") ed io, per restare in tema, una cane da tartufi con l'olfatto scombinato. Diletta, la matta di cui sopra, me l'aveva detto da subito: GAME OVER, amico mio, quando si metterà con te nevicherà all'inferno!
Ma come mio solito, forse mosso da un'incrollabile fiducia nella metereologia applicata ai sentimenti proseguivo in questa folle corsa. Arrivavo a presentarmi davanti al negozio dove lei lavorava con una rosa in mano e, peggio ancora, danzare su di un cubo con lei avvinghiata addosso (per inciso: odio ballare, odio le discoteche ed anche i parallelepipedi mi stanno un filo sulle scatole).
La magia si rompeva quando, pochi mesi piú tardi, lei mi faceva la classica domanda che una persona prossima all'innamoramento spera di non sentirsi mai rivolgere: "Ma non sarà mica vera questa storia che ti piaccio?! Non voglio certo rovinare una cosí bella amicizia". Evitavo con molta eleganza di darle la risposta che avrebbe meritato (bitch) eclissandomi dalla realtà per un paio di mesi. In fondo lo diceva anche Gianni Agnelli: ci si innamora a vent'anni, dopo si innamorano soltanto le cameriere. Ed io avevo seguito il verbo, idealizzando sulle note distorte del cuore questa persona cosí estranea al mio mondo. La sofferenza per quel rifiuto si rarefaceva nei cinque mesi che seguivano, brillantemente esemplificata da una frase del mio amico G., che oltre ad avere delle serie riserve su Alice, contestava la mia decisione di aver troncato, per correrle dietro, la mia relazione con una ragazza di nome Cristiana. "Tu" mi diceva, "sei il maestro supremo delle cazzate in buona fede, perchè per correttezza hai mollato una che era persa di te, per correr dietro a quella là che già sapevi non ci sarebbe stata. Avevi la Ferrari, ti sei fermato al semaforo e hai visto una Subaru. Hai dato via per poco la tua sportiva italiana e non sei riuscito a comprare una berlinetta giapponese per tamarri. Adesso, caro mio, giri in monopattino e te lo fai pure piacere".
Passavano sette anni e una mattina di febbraio da quella frase. Il tempo per ritrovare il suo sguardo e forse anche una piccola parte di me, poco dopo l'ingresso della sezione civile, tra la guardiola della vigilanza e le iscrizioni a ruolo. Non so a quale dei miei sfaccendati neuroni dare la colpa per averle rivelato che in Studio serviva disperatamente una civilista, ma so che la scelta apparentemente suicida di sponsorizzarla addirittura col capo portava il mio marchio di fabbrica. Questo accadeva piú di due anni fa. Anni, passati a lavorare gomito a gomito, a litigare, a ridere, a confidarsi, creando un menage professionale di tutto rispetto.
Ma, soprattutto a fare delle scoperte sconvolgenti. Perchè se vivi per nove ore al giorno con una che ti ha rifilato un bel due di picche, per giunta dopo averti dato un bel pó di corda per giocare all'impiccato, finisci col diventare il suo confidente, scoperchiando quel metafisico Vaso di Pandora in cui si rivoltano le tue peggiori paure. Cosí dopo lunghi anni passati nella convinzione di non essere abbastanza per una cosí, scopri di avere al contrario qualcosa di troppo. Nell'ordine dei venti centimetri. Di altezza, non siate maliziosi!
Perchè a lei piacciono i nani. Incredibile ma vero. Sindrome da Biancaneve o complesso Edipico rovesciato che dir si voglia io avevo la brutta abitudine di presentarmi sul cavallo bianco quando, au contraire, le regole del gioco imponevano il minipony.
Un paio di loro, particolarmente corrucciati, si sono presentati sabato alla sua festa di nozze.
I centosessantadue centimetri di sposo saranno al quanto remunerativi, per lei, che nello scambio ha guadagnato una festa post matrimonio da quarantamila euri, un diamante che sarà costato la vita a sei o sette minatori ed una grande villa, nel cui parco si è svolto il ricevimento. Ci fossero stati gli altri quattro, avrei preso da parte lo sposo per allinearli di fronte al laghetto.

10 commenti:

  1. Ma quindi è vero che a medicina legale portano a vedere i cadaveri? Io pensavo fosse una leggenda, credevo che fosse una materia più teorica che... pratica. E dire che l'ho scelta anche come opzionale dell'ultimo anno.
    Sono a posto!

    Qauanto alla tua storia, io non mi sposerei già solo per il fatto che buttare dalla finestra migliaia di euro in un giorno mi infastidisce...

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  2. Pensa che aalla vigilia dell'esame avevo assistito ad un secondo seminario sulle sostanze esplodenti, che tra l'altro sfatava 3/4 delle leggende metropolitane su come disinnescsano le bombe nei film e nelle fiction. Il corso mi era piaciuto talmente tanto che avevo rischiato di farci su la tesi... Che libro di testo si usa da te, il Canuto-Tovo?

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  3. Pensa come sarebbe stata originale una tesi del genere...
    Alla fine su cosa l'hai fatta? Se non sono troppo indiscreta...

    Comunque non ne sono certa, ma se non ricordo male si parlava di due libri, di cui uno era di tale Clemente Puccini. Dovrò aspettare marzo per sciogliere ogni dubbio.

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  4. Alla fine ho fatto una banalissima tesi in diritto amministrativo Intitolata "La giurisdizione esclusiva". Inutile dire che essendomi poi specializzato come penalista ed avendo varcato la soglia di un TAR non piú di quelle cinque o sei volte nel giro di tre anni, non mi sia servita ad una beneamata mazza. Al contrario ho pianto calde lacrime per non aver mantenuto il titolo originariamente assegnatomi dal Prof. di Medicina Legale: "Stati emotivi e passionali, aspetti medico-legali". Che grand'uomo quel tizio, era spiccicato il Prof. Sassaroli di Amici Miei.
    P. S. Non sei assolutsmente indiscreta, anzi, mi fa piacere raccontarti queste chicche, solo poche persone sono in grado di apprezzarle e tu sei tra quelle!

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  5. Diritto amministrativo! Fino a dieci giorni fa era il mio problema quotidiano. Adesso quell'esame è solo un ricordo. E menomale.
    A me piacerebbe fare la tesi in penale, ma credo che sia un'impresa più grande di me (anche perchè in questo esame presi un misero 24 nonostante infiniti mesi di studio).

    Recentemente un prof mi ha chiesto se ho già pensato alla tesi. Alla mia risposta negativa ha detto che dovrei avere le idee più chiare a questo punto del mio percorso, che se si pensa alla tesi come semplice conclusione del percorso universitario, la cosa si rivela abbastanza deludente. Lui sostiene che se la vedessimo come un inizio e non come una fine, scriverla diventerebbe anche più piacevole.

    Amici miei? Non l'ho mai visto. Però ho letto poco fa una recensione. Appena ho un attimo libero, me lo procuro.

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  6. Onestamente è un punto di vista come un'altro, nel senso che poi, al di là di quel che dicono loro tre quarti di ció che hai appreso all'università non ti serve a nulla sul mondo del lavoro. Passano mesi a farti mandar giú a memoria interi tomi di procedura e non ti spiegano come si esegue una notifica, che è una delle cose che da praticante/giovane avvocato dovrai fare con più frequenza, mentre, al contrario nella realtà processuale quotidiana ti potrai giostrare conoscendo un numero molto ridotto di articoli e usando i codici per la ragione stessa della loro esistenza: lascair libera la mente di ragionare. Se ti piace penale fai penale, a maggio ragione se una volta laureata decidessi di diventare un avvocato penalista ( si guadagna meno di un civilista all'inizio, ma ti diverti come un matto e rischi anche di finire sul giornale!). E poi hai ottime capacità redazionali, articoli e argomenti con grande abilità, quindi sono convinto che saprai scrivere una tesi coi fiocchi in qualunque materia decidessi di cimentarti.

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  7. Pensa che io, fino a qualche anno fa, volevo finire sul giornale come autrice di articoli...
    Ho le idee ancora troppo confuse purtroppo.

    La mia autostima ringrazia per le "ottime capacità redazionali".

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  8. Pensa che io ho in programma di scrivere un romanzo e che fino a due anni fa scrivevo articoli per un sito dedicato all'Hi-Tech... Per non parlare di tutte le volte che ho provato (senza riuscirci- a cambiare strada. Al momento giusto sarà il lavoro a scegliere te, on barba ai dubbi del momento e ai sogno coltivati nel corso della vita

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  9. Scrivere un romanzo è il mio famoso sogno nel cassetto. Una volta fatto questo, forse potrei sentirmi realizzata. Chi lo sa...
    Buona serata

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  10. Mi mancano molte le emozioni del periodo dell'università, tant'è che quando ho compiuto 40 anni ho ricominciato a studiare.
    Sara

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