mercoledì 18 luglio 2012

Il passo e l'incanto

L'umore è ai minimi storici oggi. Per colpa di mio padre, che continua a comportarsi come un bambino e a non accettare quello che è successo. Del tipografo, che si ostina a cambiare secondo i propri gusti la frase che doveva essere rappresentativa del vissuto di mia madre. Delle di lei amiche zitelle, che ritenevano la stessa eccessivamente azzardata e volevano sostituire il mio tagliente epitaffio baricchiano con una nenia di De Filippo. Con tutti quelli (e non sono pochi) che continuano a darmi il consiglio giusto, quando avrei solo bisogno di un silenzio sbagliato.
Il mio rapporto con l'idea di cambiamento è sempre stato contraddittorio. Perchè se una parte di me insegue perennemente il sogno di un'altrove magicamente sospeso, l'altra avversa ogni variazione dello status quo.
E così  adesso mi ritrovo metaforicamente piantato davanti ad un incrocio privo di segnali stradali, magari su una di quelle strade di campagna che mi ricordano gli anni in cui ero bambino.
A dirla tutta una via l'avrei anche imboccata, decidendo di andare a vivere con la persona che da tre anni rende la mia vita un posto migliore. 
Nuova città, nuova casa e nuovo lavoro (work in progress sotto questo versante). Praticamente ho richiamato in panchina la mia vecchia vita per sostituirla con un qualcosa di nuovo ed indefinito.
Resta sempre il problema di lasciarsi dietro quella bella parentesi ricompresa tra i venti e i trenta. Fatta di attimi e di respiri cristallizzati sul ritmo che ti danno gli amici. Quelli veri.
Ecco, alla fine il rimpianto più grosso  consiste nel tracciare una linea di separazione tra me e loro. Centotrenta chilometri non sembrano tanti, ma in realtà sono sufficienti a farti diventare un pò più grigio e adulto, nel senso più deteriore del termine.
Le serate assieme non erano più le stesse da un bel pezzo a dire il vero. Sempre più stanchi, sempre più occupati e in definitiva meno felici. Non parlo di infelicità in senso stretto del termine, ma di perdita della magia che fino a qualche anno fa pervadeva ogni serata, quando uscivi di casa alle sette di sera senza sapere se, quando e in che condizioni saresti tornato. 
Ma adesso non è più così. Arrivato al giro dei boa dei trenta hai sempre delle ottime scuse per non concedere all'amicizia il tempo che merita. C'è la vita di coppia, il lavoro o la falsa necessità del riposo da una vita che più che stancare stressa. 
Non che non ci si veda ogni tanto. Ma il tutto si riduce ad una cena contornata da relative morose al sabato, piuttosto che ad una pizza mangiata di straforo al martedì dopo il calcetto. Da quì a definire Leone un gatto domestico ce ne passa però. 
La soluzione non c'è, anche se voltar pagina può aiutare, pur con tutte le contraddizioni del caso.
Odio gli addii. Quelli che se solo fossi un pò meno pigro potrebbero tranquillamentre suonare come arrivederci. Ma certi cambiamenti implicano distanze chilometriche  lunghe anni luce e telefonate che si fanno via via più sporadiche.
Onestamente non so cosà dirò per congedarmi. Dagli amici, dallo Studio e un  pò anche da me stesso. Tutti pensano che tra qualche settimana tornerò alla mia vita di tutti i giorni, fatta di mattinate a correre tra le aule di un Tribunale e pomeriggi a centellinare  parole altisonanti e articoli del codice di fronte a uno schermo del pc.
Ma arrivato al bivio, stavolta, ho capito che era proprio il momento d'imboccare una nuova strada. 
Con un buon numero di dubbi e la consapevolezza di aver dato retta all'istinto più che alla regione mi accingo ad affrontare questo nuovo viaggio. 
A prescindere dagli esiti e accantonando i rimpianti mi conforta l'idea che al mondo c'è solo un viaggio che non prevede alcun biglietto di ritorno. E non si tratta, fortunatamente del mio caso.




3 commenti:

  1. In certi casi il silenzio è la cosa migliore. Decidi della tua vita con serenità, senza ascoltare nessuno.

    Bacio

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  2. Forse un po' ti capisco, anche se non siamo nella stessa situazione. Sono andata via di casa a 18 anni, a studiare in una città sconosciuta distante dalla mia vita di sempre quasi mille chilometri. Lasciare i miei amici è stata la cosa più difficile, si dice sempre che si rimane in contatto, magari ci si vede nelle vacanze ma a lungo andare ti rendi conto che solo determinati rapporti possono resistere alla lontananza, probabilmente quelli più forti (o quelli che ci sembrano tali).

    In bocca al lupo per questo tuo nuovo viaggio. Ci vuole coraggio ad intraprendere nuove strade, si va un po' verso l'ignoto. Però finché non si prova, non si sa come può andare...

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  3. Diciamo che la tua situazione è la mia avrebbero coinciso sei o sette anni fa. Però credo siamo entrambi delle "anime erranti" eternamente divisi tra una partenza sofferta, un viaggio molto lungo ed un arrivo incerto.
    Ma come dieci anni fa ho trovato il coraggio per andarmene di casa, adesso devo avere il coraggio di incamminarmi verso questa nuova meta.
    Sulla bontà o meno dei miei intenti si pronuncerà in un prossimo futur "capitan senno di poi"

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